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L'industria dell'elettronica:
«I prezzi devono aumentare
per uscire dalla crisi»

di Gianni Rusconi

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8 luglio 2009

Una flessione media dei listini del 20% nel confronto anno su anno caratterizza da due anni a questa parte il mercato dell'elettronica di consumo in Italia. Facile intuire perché il settore nel suo complesso soffra molto l'attuale fase di congiuntura economica che ha portato una considerevole frenata degli acquisti, fatta eccezione per alcune tipologie di prodotto, smartphone e televisori Lcd in testa. Prendiamo però il segmento delle Tv a schermo piatto il più importante dell'intero comparto: secondo i dati di Gfk per gli apparecchi a cristalli liquidi la forbice sui listini da aprile 2008 ad aprile 2009 è stata dal 17,4%, portando il prezzo medio di vendita a 522 euro (i modelli da 32 pollici, il formato più diffuso, è però sceso del 23%), mentre per i pannelli al plasma la riduzione è stata del 21,8%, con un conseguente adeguamento del listino a 888 euro.
Che il "fattore prezzo" sia una componente primaria nell'economia di questo business e per le strategie di produttori e retailer ci vuole poco a capirlo. Il punto è come reagire a questa tendenza senza scontentare troppo i veri detentori delle dinamiche di domanda, e cioè i consumatori finali, la cui percezione in sede di acquisto è nella maggior parte dei casi assai condizionata da promozioni e sconti speciali. I diretti interessati, aziende produttrici e grandi catene distributive, sono allineati nella sfida di rilanciare le vendite mettendo in primo piano i margini? Le risposte, raccolte dal sole24ore.com, le hanno fornite i diretti interessati.

Parlano gli operatori. Il trade "sotto accusa" si difende
Per Paolo Sandri, Vice Presidente Divisione Audio-Video di Samsung, "aumentare i prezzi di listino per ridare impulso ai fatturati è tutt'altro che operazione facile e immediata. All'inizio di quest'anno, con l'aiuto dei retailer, ci abbiamo provato nelle Tv, dove siamo il marchio market leader: abbiamo tenuto per tre/quattro mesi, poi chi ha continuato a ribassare i listini ha ottenuto risultati più brillanti". La visione di Enrico Ligabue, Brown Goods Sales Director di LG Electronics, parte dagli stessi presupposti – "il 2009 ha visto minori contrazioni di prezzo rispetto al 2008" – e si concretizza in una riflessione tutt'altro che banale: "c'è più concorrenza fra gli operatori della distribuzione che a livello di produttori. L'industria manifesta concretamente la volontà di calmierare il fenomeno dell'erosione dei prezzi mentre il trade continua invece a darsi grande battaglia a colpi di promozioni".
Carlo Alberto Lasagna, Direttore Generale di Expert, fa parte della categoria additabile come colpevole della corsa al ribasso e la sua è una consapevole e matura ammissione del problema: "la componente prezzo è decisiva nel raggiungere risultati immediati e in fase di crisi la concorrenza fra i retailer inevitabilmente si accentua. Le grandi superfici soffrono maggiormente rispetto ai piccoli negozi specializzati e sono più portati a spingere sulle promozioni mettendo in secondo piano i margini per ansia da fatturato, per l'esigenza di fare cassa subito. Questo non impedisce che si debba intervenire sul punto vendita e sul personale per elevare la qualità della vendita e creare le condizioni per alzare il livello medio dello scontrino di acquisto". Simile la visione di Mario Valla, Direttore Acquisti e Marketing di Carrefour, che riconosce al prezzo di listino il ruolo " di importante leva tattica di vendita anche rispetto a una strategia di medio e lungo termine che punta alla profittabilità". Il prezzo però – continua Valla – "dovrebbe essere sì mantenuto vantaggioso per il consumatore ma attraverso un rapporto diverso fra produttore e retailer, un rapporto pensato e orientato al valore e frutto di interventi in altri ambiti oltre a quello dei listini, e cioè processi, prodotti, relazioni e comunicazione". Non è una questione di colpe, di questo o quel soggetto, di industria o distribuzione. Questo infine il pensiero di Mario Franzino, Capogruppo Grandi Elettrodomestici di Ceced Italia, che rimarca invece come sia necessario "cambiare le politiche di marketing mix e di offerta a scaffale per generare valore. I punti deboli del rapporto fra produttori e retailer sono stati acuiti dalla crisi ma sono presenti da anni e non da qualche mese: occorre maggiore trasparenza e minore contrapposizione. L'obiettivo a tendere, tanto per il settore "brown" che per quello del bianco, che vive un momento di difficoltà sebbene presenti effetti meno evidenti riguardo il processo di erosione dei prezzi, deve essere quello di una completa e condivisa autorevolezza del settore".

Un mercato "drogato"
I buoni intenti dunque ci sono tutti ma come osserva Stefano Portolani, Vice Presidente di Andec (l'Associazione Nazionale Importatori e produttori di Elettronica Civile aderente a Confcommercio) e Direttore Finanziario di Melchioni, "la sfida da vincere è quella di trovare il livello di sell in più adeguato per soddisfare variabili che si chiamano costi industriali, royalty, logistica, emarginazione e via dicendo". Se però si parte da una situazione in cui – l'osservazione è di Sandri di Samsung – il prezzo medio di un televisore Lcd in Italia è ormai sotto i 500 euro e quello della stessa categoria di prodotto in Germania di oltre 670 euro si capisce che il mercato del Belpaese è in un qualche modo "drogato". Molto ricettivo per quanto riguarda le novità tecnologiche - il mercato dei televisori a tubo catodico è stato per diversi anni nell'ordine dei tre milioni, tre milioni e mezzo di pezzi, con l'avvento di Lcd e plasma ha raggiunto quasi quota 4,5 milioni – ma pur sempre viziato da dinamiche di domanda troppo condizionate dal fattore prezzo.

8 luglio 2009
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