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Analisi / Nata per essere connessa

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01 ottobre 2009

La scatola di un videogame si scarta come quella di un normale Dvd. Si apre, si estrae il disco (o la cartuccia) e lo spettacolo comincia. Come per un normale Dvd. L'unica differenza sono le istruzioni del gioco. Tuttavia, non ci sono statistiche ufficiali, ma tra coloro che sono nati a partire dagli anni Settanta solo qualche eccentrico sente il bisogno di usarle. Di solito si impara giocando, tuttalpiù si scaricano da internet.

Scatola, imballaggio e istruzioni a chi servono? Possono essere considerati strumento di un rito, oggetti da collezionisti, resti archeologici alla stregua delle cassette magnetiche e dei dischi di vinile. Reperti quindi che testimoniano il passaggio dall'era analogica al digitale più spinto. Una visione estremista: basta scatole, negozi e dischetti. Film, libri, giochi e musica completamente convertiti in bit e ben allineati su internet, sono pronti per essere scaricati in milioni di copie e visualizzati su migliaia di supporti. A chi serve loscaffale? Interprete di questa "fuga in avanti" è un prodotto. Oggi esce in tutto il mondo la Psp-Go, la prima console portatile senza cartucce e dischi ottici. I videogiochi non avranno più bisogno di avere un supporto fisico. La macchinali scarica connettendosi attraverso internet a un negozio virtuale della Sony (Psn Store). Il pagamento avviene con carta di credito o acquistando tessere prepagate. E il gioco è fatto: carta, plastica e derivati del petrolio vari non saranno più responsabilità dei consumatori digitali. E rinuciando al packaging e alle spese di distribuzione e produzione si abbatteranno pure i prezzi. Insomma, un paradiso per le tasche. Purtroppo peròsolo sulla carta, perché sui bit qualche cosa non sta funzionando.

L'idea di virtualizzare la distribuzione (digital delivery) non è nuova. Apple coniTunes c'era riuscita con le canzoni creando il mercato della musica digitale. Poco dopo, daMicrosoft aNokia, dall'informatica alla telefonia fino all'elettronica di consumo tutti – ma proprio tutti – hanno aperto il loro negozio virtuale per scambiare contenuti digitali.
Il digital download è così diventato per i big della tecnologia la via d'uscita dalla crisi, il biglietto d'ingresso per un mercato nuovo come quello della distribuzione dei contenuti digitali. Dal produttore (del dispositivo) all'utente (del dispositvo). Per esempio, chi possiede in Italia una Xbox360 sa che collegandosi al market place di Microsoft (XboxLive) può non solo scaricare giochi, demo e immagini a sfondo video ludico ma anche film a noleggio, video musicali ecc. Basta trovare un accordo con i produttori di contenuti, siano esse case discografiche o major hollywoodiane e il gioco è fatto. Il film al posto di affittarlo nel negozio da basso lo scarico dal servizio online del produttore del dispositivo attraverso cui mi connetto a internet. Tutto in casa sì, ma dei produttori. Microsft come Sony e Nintendo consentono acquisti di contenuti digitali esclusivamente dai loro store. In un mondo ideale, senza barriere proprietarie si potrà da una console cercare sul web il rivenditore digitale più conveniente. Ma a chi conviene? Sicuramente non a tutto il mondo della distrubuzione e del commercio. L'arrivo sul mercato della PspGo, una console che guarda esclusivamente all'e-commerce, è stato salutata con forti perplessità da quasi tutti gli attori del settore, se non apertamente osteggiato. Come nel caso della catena olandese di videogiochi Nedgame che ha dichiarato di non voler vendere la console portatile di casa Sony. Insomma, il rischio di boicottaggio pare alto. Anche perché a meno di sdoganare qualche forma di acquisto dal negozio che offra un reale valore aggiunto (contenuti aggiuntivi o help-desk per soluzione dei giochi), nessun negoziante di una catena di videogame sarà lieto di vendere una console che cannibalizza parte del suo business. È come costringere un negozio che ha solo dischi a vendere l'iPod.

Per fortuna, verrebbe da dire, il digital download conviene all'utente finale. Il condizionale è d'obbligo perché per ora non così. Se su iTunes o su un qualsiasi servizio di musica online è scontato trovare un album a un prezzo inferiore a quello che si trova nel negozio sotto casa (Celebration di Madonna costa 15 euro su iTunes, 18 su Ibs e 22 di prezzo di listino), così non è per i videogame. Confrontando i listini si scopre che raramente si risparmia acquistando online dai vari servizi online di Sony, Microsoft e Nintendo. In altre parole, le politiche di prezzo per ora non premiano in modo convincente il nativo digitale connesso in rete che non sa che farsene di scatole e istruzioni. A parte i giochi di piccoli produttori indipendenti o a basso budget che faticano a entrare nei circuiti tradizionali e che quindi hanno trovato negli store online un canale di distribuzione che prima non c'era, nei negozi e nei forum su internet si può contare su sconti maggiori. In altre parole, senza incentivi economici concreti per l'utente, l'ingresso nell'era della completa smaterializzazione del supporto fisico resterà oggetto del contendere tra, da una parte nativi digitali con casa minuscole, e dall'altra collezionisti con grandi librerie tutte da riempire. Viste le premesse, ci si aspettava di meglio e di più.

http://lucatremolada.nova100.ilsole24ore.com/

01 ottobre 2009
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