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Sulla pista del riciclo

di Antonio Dini

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Guardando gli aerei di linea parcheggiati sul piazzale di un grande aeroporto, il viaggiatore può vedere molte cose: l'emozione del volo, il desiderio di esotismo, lo chic del jet-set, anche la paura di staccarsi dal suolo. Karl Rickard, quando li guarda, vede l'intrico di parti e componenti del manufatto più complesso mai costruito dall'uomo: pompe, aerostati, tubi di Pitot, alettoni, valvole di deflusso e di aspirazione. Rickard vede un piazzale pieno di opportunità per chi di mestiere fa lo sfascia-aeroplani.
Irlandese di 42 anni, la maggior parte dei quali passati tra gli aerei, Rickard è vicepresidente della lussemburghese Jmv Aviation, una delle nove società del gruppo Vallière Aviation, specializzata nello smantellamento e riciclaggio degli aerei di linea.
«Il nostro lavoro – spiega – è di spezzettare l'aereo, recuperando le pochissime componenti che possono essere riusate, previo collaudo e certificazione, da quelle destinate allo smaltimento o al riciclo».
Rickard, il giubbotto giallo catarifrangente di sicurezza e il caschetto di plastica sopra l'elegante abito gessato, parla camminando attorno a un gigantesco McDonnell Douglas DC-10-30, oramai privo di interni e senza più le ali. Un colosso lungo 52 metri e dal peso di 250 tonnellate. «Di quest'aereo – spiega Rickard muovendosi sotto il gigante – si recuperano i computer di bordo, le antenne, alcune delle pompe e sistemi idraulici, il carrello. Ad esempio, quest'ultimo ha un ciclo di vita di dieci anni, con una revisione completa dopo cinque e vale circa 100mila dollari da nuovo, motivo per cui vale la pena collaudarlo e certificarlo un'altra volta. Il resto, viene smantellato».
Ci si arrampica per una ripida scaletta all'interno dell'aereo. È stato svuotato: da una parte sono impilati i rivestimenti e le porte pressurizzate («il meccanismo di chiusura vale decine di migliaia di dollari»), mentre gli interni sono già stati sradicati. Anche la cabina di pilotaggio è stata svuotata. Rickard conclude: «Se compro un aereo senza motori per due milioni di euro, mi aspetto di guadagnarne almeno tre con i pezzi di ricambio».
Jmv Aviation è uno dei 40 membri del giovane consorzio non-profit Afra (Aircraft Fleet Recycling Association). Quando nacque tre anni fa, Afra aveva una 11 membri. Il suo scopo è fornire le linee guida per il riciclaggio degli aerei.
«Nella prima versione – spiega il direttore operativo, Martin Fraissignes, 56 anni – erano 45 regole e buone prassi, poi affinate, necessarie per capire come riciclare i componenti e i nuovi materiali, quali sistemi per la tracciabilità e la certificazione, evitando il rischio che possano finire sul mercato nero dei pezzi contraffatti. I membri di Afra riciclano ogni anno 30mila tonnellate di alluminio, 1.800 di altri metalli e 600 tonnellate di pezzi di ricambio, con l'obiettivo di arrivare al 95% dell'intero aereo».
Gioca un ruolo chiave Boeing; lo spiega Will Carberry, responsabile del programma di riciclaggio per l'azienda di Seattle: «Il nostro lavoro è produrre gli aerei, non riciclarli, ma partecipiamo fin dall'inizio perché siamo un'azienda eco-responsabile, oltretutto in un'ottica di mercato e non di assistenzialismo. Chi ricicla lo fa perché ci sono opportunità, non perché ci sono incentivi». Le sfide sono molte, non ultima la concorrenza del consorzio Tarmac Aerosave, di cui fa parte Airbus. «Stiamo dialogando – aggiunge Carberry – con l'altro grande consorzio del settore, per definire regole comuni di riciclaggio degli interni».
Sono dieci i siti che hanno ricevuto da Aifra la certificazione per riciclare gli aerei quando, dopo 25-30 anni arrivano al termine del loro ciclo di vita. Saranno 6mila nei prossimi vent'anni, a cui se ne aggiungono 4mila già pronti, solo tra gli aerei di linea dei paesi occidentali (in Europa ci sono il 25% degli aerei di tutto il mondo). A questi si aggiungono quelli dei paesi emergenti come Russia, Cina, India.
Otto siti di riciclaggio sono negli Usa, due in Europa: uno in Gran Bretagna e l'altro che verrà finalizzato da Alenia, la quale in Puglia oggi produce la fusoliera in composito del 787 per Boeing. Ma il sito più importante, se non altro da un punto di vista simbolico, è l'aeroporto di Châteauroux dove il consorzio è nato.
Già epicentro dell'industria aeronautica francese con Marcel Dassault (a cui è intitolato) e struttura militare americana subito dopo la guerra, l'aeroporto ha una pista da 3.400 metri su cui può atterrare qualsiasi velivolo esistente e una vocazione per la logistica data la posizione nel centro geografico della Francia.
Qui è nato il consorzio, qui hanno sede operativa sia Europe Aviation e Jmv Aviation del gruppo Vallière che il Bartin Recycling Group di Veolia.
Sul tarmac sono parcheggiati una quarantina di aerei: parte "congelati" perché in soprannumero o in attesa di un nuovo proprietario, parte perché devono essere smantellati. «Quando li guardo – dice Rickard – io vedo un piazzale pieno di opportunità».

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