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Sfida dei ribassi per i televisori

di Daniele Lepido

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22 Dicembre 2009

Se fossero monete sarebbero un bel gruzzolo di kwacha, le banconote dello Zambia che ogni anno si svalutano di un quarto rispetto al dollaro americano. Invece i televisori a schermo piatto, lontani dai templi della finanza e comunque sensibili, come beni di consumo, agli scossoni dell'economia, sono uno dei tanti oggetti del desiderio degli italiani. Che hanno deciso, soprattutto in vista del Natale, di pensionare i vecchi tubi catodici accogliendo nei loro salotti i più snelli lcd e plasma. Ma il problema degli schermi "flat" è proprio questo: si svalutano a tempo di record innescando una spirale "attendista" che fa male a produttori e distributori. La gente, infatti, per acquistare un televisore nuovo aspetta volentieri perché sa bene che domani potrà portarsi a casa a prezzo ridotto quello che oggi punge ancora il portafoglio. È la deflazione, una tendenza non certo nuova sugli spalti dell'hi-tech, ma che per le tv è ancora più accentuata tanto da mettere in ginocchio giganti come Sony e Sharp, costrette l'estate scorsa a un matrimonio "riparatore" per contenere i costi e contrastare Samsung.
I dati parlano chiaro: secondo Gfk oggi quasi novanta televisori su cento sono a cristalli liquidi, sette sono al plasma e tre ancora col "tubo". Ma il dato più interessante è proprio sul crollo dei prezzi: nel dicembre del 2005 uno schermo Hd Ready da 32 pollici costava 1.530 euro, cifra che in ottobre è scesa a circa 400 euro. In tre anni e mezzo la svalutazione è stata quindi di quasi quattro volte. Scivolone ancor più veloce per i costosi plasma: sempre alla fine del 2005 un 42 pollici era venduto a 2.750 euro contro i 595 euro di oggi. Anche qui, quasi cinque volte più economico.
Il problema delle aziende, allora, è proprio questo: se prezzi, fatturati e margini calano del 15-20% all'anno, la strada per la salvezza dei bilanci passa sì dall'aumento vorticoso delle vendite, ma anche dall'invenzione di nuovi contenuti "premium", di una tecnologia inedita e attraente per la quale il pubblico sia disposto a pagare: è il caso dei televisori sempre più sottili (sotto i due centimetri e mezzo), dei nuovi schermi Lcd più definiti e "luminosi" a led, e persino dei display tridimensionali, sui quali qualche catena di distribuzione italiana sta già iniziando a "meditare".
Fortuna che, oltre all'apertura della stagione natalizia, c'è il digitale terrestre a sollevare il mercato. È questo il mantra dei rivenditori, ovviamente in quelle zone dove sono a buon punto lo switch over, cioè lo spegnimento di Rai2 e Rete4, e lo switch off, il trasloco definitivo di tutti i canali sulle nuove frequenze secondo il calendario stabilito dal ministero delle Comunicazioni. «In regioni come Lazio e Piemonte le vendite stanno andando molto bene – conferma Roberto Cuccaroni, direttore generale di Euronics – soprattutto dei modelli più piccoli, quelli tra i 16 e i 22 pollici». Eppure la difficoltà è sempre quella di essere costretti a vendere di più perché la media dei prezzi crolla. «Questo è un comparto che soffre di una deflazione annua del 20% – racconta Maurizio Motta, direttore generale di Mediamarket – che non sempre viene recuperata dai volumi. Dal nostro punto di vista, poi, stiamo assistendo a una rivalutazione dei modelli al plasma per gli schermi più grandi, sopra i 50 pollici. Sul fronte dell'innovazione invece vediamo che anche i modelli più sottili iniziano a solleticare l'interesse dei consumatori, mentre attendiamo con ansia i primi televisori in grado di riprodurre la visione 3D».
Ma per avere un incremento dell'1% in valore bisogna aumentare i volumi delle vendite del 35 per cento. È quanto sostiene Roberto Omati, direttore generale di Expert Italia che parla, almeno per la sua catena, «di uno spostamento dei clienti verso i modelli più economici». Certi che se da un lato le aziende soffrono un taglio dei margini tanto doloroso quanto inevitabile, i consumatori possono invece brindare. Magari proprio sotto Natale.

22 Dicembre 2009
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