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I paradossi del 3D

di Luca Tremolada

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21 gennaio 2010

Non abbiamo ancora visto nulla. Almeno a sentire chi da anni studia la stereoscopia. Può sembrare paradossale, ma il 3D che tanto crea entusiasmo al cinema (e al botteghino), in realtà avrebbe ben altre applicazioni. «È una tecnologia delicata che per esprimere il suo massimo potenziale deve rispettare regole molto rigide», spiega Pietro Carlomagno, di mestiere è stereografo indipendente e consulente per il 3-D digitale. «Soprattutto quando viene impiegata al cinema per simulare le tre dimensioni». Non a caso le sale dove si può apprezzare il 3D sono le iMax, nel mondo ce ne sono pochissime circa settemila.
Cosa hanno di diverso? Lo schermo è più grande, ha una leggera curvatura e la disposizione degli spettatori ad anfiteatro è voluta per mantenere entro un certo limite distanza e angolo di visuale comune per tutti. «Le dimensioni in questo campo contano e molto – osserva Carlomagno –. Anche perché l'ambizione della stereoscopia è quella di creare una visione "solida"». In questo senso conta anche come viene girato il film perché oltre un certo punto di fuoco il 3D perde tutto il suo effetto. In altre parole, occorre rispettare le proporzioni della visione. Per fare un esempio, indicativamente, a una distanza di dieci metri dallo schermo le tre dimensioni saranno percepite in modo ottimale a cinque metri davanti allo schermo e dieci dietro. Questo significa non solo che bisogna sedersi in sala nel giusto punto ma è bene che il regista quando riprende tenga conto dei limiti di questa tecnica.
Paradossalmente nonostante la stereoscopia generi due immagini, una per l'occhio sinistro e una per l'occhio destro, la visione è innaturale perché mentre la messa a fuoco nel 3D viene continuamente stimolata, a livello muscolare la distanza rispetto allo schermo resta immutata. Da qui i fastidi che alcuni spettatori hanno accusato al cinema. «Eppure – avverte Carlomagno che interverrà proprio su questi temi al Future Film Festival di Bologna – la stereoscopia consente un controllo dell'immagine senza precedenti nella storia del cinema. Colore, prospettiva e geometria possono essere ottimizzate pixel per pixel grazie al digitale».
Detto questo la pellicola continua a essere preferita dalla quasi totalità dei registi (la risoluzione dell'immagine è due volte superiore rispetto allo standard digitale). Eppure, ancora una volta, in fase di post produzione il digitale consente gradi di manipolazione finora mai raggiunti. Per tutte queste ragioni, riflette Carlomagno, è possibile immaginare applicazioni alternative della stereoscopia. E forse più fedeli a quelle che sono le vere potenzialità. «Se tralasciamo un istante l'home theatre, ci sono interessanti applicazioni in moltissimi ambiti. L'ho capito dopo aver realizzato per Costa Crociere un video in 3D, nel 2004. In ambito aziendale, la stereoscopia è indicata per visualizzare contenuti come video istituzionali, making of di grandi eventi, progetti di architettura o documentari. Non avendo l'ambizione di ospitare folle oceaniche come quelle attese per il grande schermo, si possono costruire sale adatte a presentazioni. Altre applicazioni possono essere cercate nell'e-learning: immaginiamo di poter scomporre un motore o un oggetto di design in tre dimensioni per poter apprezzare le proporzioni reali. Quindi corsi di apprendimento: se devo imparare a conoscere come funziona una macchina complessa con la stereoscopia posso simulare correttamente le dimensioni con una scala reale». Secondo lo specialista, installazioni e parchi a tema hanno cominciato a declinare questa tecnica. «Soprattutto negli Stati Uniti già ci sono luoghi per bambini che mischiano visioni in tre dimensioni a oggetti reali. Sono ambienti dove la stereoscopia è efficace perché le distanze dallo schermo possono venire studiate in modo da potenziare l'effetto».
C'è poi tutto il capitolo relativo agli schermi casalinghi. Ma qui occorrerà aspettare che vengano perfezionate quelle tecnologie autostereoscopiche che fanno a meno di occhiali 3D. Questione di anni, sostiene Carlomagno. Nell'immediato girare per casa con visori a lenti polarizzati non sembra né comodo né particolarmente intelligente. Paradossalmente, il più importante impatto del 3D sulle sale sarà quello di spingerle a passare al digitale. Sarà questa l'eredità della terza dimensione?

21 gennaio 2010
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