Sicurezza e privacy? Online sono a rischio, soprattutto se non si è attenti a dove si naviga e ai dati personali che si comunicano in Rete. Ma non solo. Spesso la poca chiarezza delle informazioni e la scarsa consapevolezza degli utenti possono generare problemi, o in casi peggiori, rischi anche nella vita reale. I primi segnali di cambiamento, però, si iniziano a intravedere. Gli utenti sono sempre più consapevoli dei pericoli che si nascondono nel Web e delle postille, sempre poco chiare di alcuni contratti sottoscritti, e vorrebbero avere maggiori informazioni sull'uso che, aziende ed enti pubblici, fanno dei loro dati personali. A dirlo è un un'indagine commissionata da SafeNet, una società internazionale che si occupa della sicurezza e della protezione dei dati di imprese ed enti pubblici, secondo cui solo il 15% degli europei si sente abbastanza informato sul trattamento delle proprie informazioni sensibili. Un risultato allarmante, tanto quanto fa riflettere il fatto che solo il 10% degli utenti si preoccupi di controllare sempre le modalità di protezione dei dati quando naviga in Rete o sottoscrive un contratto. Numeri troppo bassi che fanno trasparire una mancanza di consapevolezza dei consumatori ma, a volte, anche una scarsa fiducia nei confronti delle aziende e delle istituzioni.
Sono Germania e Italia le nazioni più diffidenti, con il 26 e il 24% degli utenti che dichiara di controllare in ogni occasione prima di rilasciare i propri dati. Atteggiamento opposto invece in Belgio dove 59 persone su 100 non leggono mai le norme a tutela della privacy e il 34% dice di sentirsi invece sufficientemente informato. «Il fatto che gli italiani siano molto attenti e sospettosi sul fronte della sicurezza dei propri dati sensibili è sicuramente dettato da un fattore culturale ma anche da un'esperienza diretta con casi di "mala-gestione". In Italia esiste una diffidenza atavica tra utente ed esercente», sottolinea Carmina Saracco, account manager Italia di SafNet, e puntualizza come, per superare questo scoglio della sfiducia, servirebbe una comunicazione istituzionale più chiara e diretta. «Ogni giorno ci interfacciamo con le imprese e vediamo luci e ombre del loro rapporto con gli utenti. Spesso i cittadini non si sentono sicuri e hanno paura che i loro dati personali non siano sufficientemente protetti. Una fattore di disagio che può portare con sé anche problemi ben più gravi».
Sono medici e ospedali a raccogliere la massima fiducia, seguiti dalle autorità pubbliche e dalle banche, soprattutto in Italia, anche se il 36% degli europei ritiene che gli istituti bancari dovrebbero aumentare i propri livelli di sicurezza.
«C'è molta incertezza tra i cittadini riguardo alla protezione dei dati. Spesso le persone non hanno né tempo né voglia di leggere lunghe e complicate informazioni sulla privacy, ma resta il desiderio di vedere ben protetti i propri dati», ribadisce Carmina Saracco. «Le organizzazioni dovrebbero assegnare un alto livello di priorità alla privacy, in quanto l'unico modo di riguadagnare la fiducia del pubblico è interrompere la spirale negativa di notizie relative alla dispersione di dati sensibili». Lo dimostra proprio il fatto che, secondo l'indagine condotta da SafeNet, un terzo degli utenti europei smetterebbe di fare affari con un'azienda che abbia perso i propri dati personali. «Esiste una normativa europea che detta le linee guida in fatto di privacy ma poi ogni Paese la applica in modo differente, apportandone restrizioni o modifiche dettate spesso dalle diverse esigenze e dalle normative in vigore. In questo quadro generale, l'Italia è il Paese che oggi ha una delle normative più stringenti in fatto di privacy, ma non adotta ancora delle politiche efficaci di comunicazione al cittadino». Certo, conferma Saracco, se ci si interfaccia con realtà al di fuori della Comunità europea e che non contemplano una protezione strutturata della privacy per utenti e clienti, le cose diventano ancora più difficili.
Il vero nodo da sciogliere in fatto di sicurezza, però, resta il Web. Acquistare qualcosa online, richiedere informazioni, iscriversi a un sito sono gesti quotidiani che coinvolgono la maggior parte dei cittadini, ma rimane forte la paura che i propri dati sensibili si disperdano nella Rete senza alcun controllo. Non è un caso che tra le realtà meno affidabili ci siano proprio i siti di social networking e quelli di e-commerce. Spesso sono troppe le informazioni private che vengono inserite online e che, grazie alle piattaforme di condivisione virtuale come Facebook, possono essere facilmente alla portata di tutti. Con conseguenze, a volte, poco piacevoli. Non solo per la propria privacy ma anche perché spesso espongono ad attacchi di phishing, con furti d'identità o anche di denaro.
Quali consigli dare agli utenti per proteggere i propri dati personali? «Non serve una competenza specifica. Spesso a fare la differenza è il buon senso. Leggere bene le note informative e non aver paura di chiedere informazioni». Secondo Carmina Saracco poi, per cavarsela in Rete ci sono alcune mosse, semplici ma fondamentali, da tenere a mente. «Prima di tutto non bisogna rilasciare più informazioni di quelle richieste obbligatoriamente, quindi niente indirizzi personali o numeri di cellulare se non espressamente richiesti. Prima di completare una transizione, poi, assicurarsi sempre che l'azienda o l'organizzazione rispetti le norme sulla privacy, riportandole in una nota chiara. E ricordarsi che, se le normative riportate non sono chiara si ha il diritto di chiedere che ci vengano spiegate». Inoltre, sottolinea Saracco, non bisogna mai fornire dati sensibili come telefono o, peggio, password, telefonicamente. Meglio verificare online, personalmente, la veridicità della richiesta».