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La sentenza contro Google fa il giro del mondo

di Elysa Fazzino

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25 febbraio 2010

Google sembra un «bambino sorpreso con le mani nella marmellata» e la sentenza del Tribunale di Milano è – a seconda dei punti di vista - una doccia fredda per Internet, una minaccia alla libertà del web, una rivincita per gli avversari, un'affermazione del diritto alla privacy. Infuria il dibattito sui media della rete e della carta stampata dopo la condanna di tre dirigenti di Google per violazione della privacy.

Il caso riguarda un filmato, pubblicato su Google Video nel 2006, dove un ragazzo down veniva insultato e picchiato dai compagni di scuola dell'istituto tecnico Steiner di Torino.
Nel caso Google molti vedono «una minaccia più ampia», evidenzia il New York Times, che ha messo la notizia della condanna sulla prima pagina anche della sua edizione cartacea. «È il primo caso che considera i dirigenti della società penalmente responsabili per i contenuti messi sul suo sistema» scrive sul Nyt Rachel Donadio. Il verdetto «potrebbe avere implicazioni travolgenti in tutto il mondo per la libertà di Internet: indica che Google non è semplicemente uno strumento per i suoi utilizzatori, come sostiene, ma che di fatto non è diverso dagli altri media, come giornali o tv, che forniscono contenuti e possono essere regolamentati».

La sentenza, per il New York Times, «complica ulteriormente» il business di Google in Europa, dove affronta una raffica di denunce. Di recente Google ha minacciato di ritirarsi dalla Cina anche perché Pechino chiede di restringere le informazioni accessibili ai cinesi. «L'enorme business di ricerca e pubblicità di Google – nota il Nyt – dipende pesantemente dal fatto di raggiungere ogni angolo dell'Internet globale e di dare agli utenti l'accesso al maggior contenuto digitale possibile, indipendentemente dalla sua origine o proprietà». La decisione italiana è quindi «una minaccia significativa al modello di business» di Google e di altre società Internet come Facebook e Twitter.

«In Italia – continua il New York Times – dove il Primo ministro Silvio Berlusconi possiede la maggior parte dei media privati e controlla indirettamente i media pubblici, c'è una forte spinta per regolare Internet in modo più deciso rispetto a quanto avviene altrove in Europa». Il quotidiano newyorchese riferisce dei timori che in Italia, dove l'uso di Internet è già tra i più bassi d'Europa, i giovani finiscano per avere limitato accesso all'informazione. Dopo avere ricordato il «disappunto» dell'ambasciatore americano in Italia, David Thorne, l'articolo punta il dito contro le proposte di legge per «burocratizzare Internet in Italia», come la proposta che obbligherebbe i siti Internet ad avere la licenza come le televisioni. E cita Paolo Gentiloni, ex ministro delle Comunicazioni, che fa notare come il potere politico in Italia sia nelle mani della gente che fa la tv, non Internet e «più è lenta la banda larga e meglio è per il governo».

Per il Wall Street Journal, la sentenza potrebbe restringere il modo in cui le compagnie Internet operano in Italia. I tre dirigenti condannati - David Carl Drummond, ex presidente del cda di Google Italia e ora senior vice president, George De Los Reyes, ex membro del cda di Google Italia e ora in pensione, e Peter Fleischer, responsabile delle strategie per la privacy per l'Europa di Google – non rischiano però né l'estradizione né la prigione, nota sul Wsj Stacy Meichtry, poiché le condanne a meno di tre anni di carcere sono automaticamente sospese in Italia.

Google, aggiunge il Wsj, conta di discutere la sentenza con le autorità europee. Il verdetto stabilisce un precedente giuridico in Europa per una delle questioni più «sensibili» per i siti video come You Tube di Google: se le compagnie Internet possano essere considerate legalmente responsabili per il contenuto messo online sui loro siti video da parti terze.
La vicenda è seguita con attenzione in Europa e negli Usa – sottolinea Vincent Boland sul Financial Times – per le sue implicazioni su chi sia responsabile per il contenuto Internet. Gli analisti dicono che il verdetto potrebbe avere un «effetto raggelante» per l'uso di Internet in Italia, continua il Ft. Ma le interpretazioni divergono sulle implicazioni a lungo termine.

Per Oreste Pollicino, professore di legge alla Bocconi, la sentenza «ha a che fare con la privacy, non con la libertà di espressione» e indurrà le società internet a prendere la privacy più seriamente. Ma Bridget Treacy, esperta di privacy allo studio legale Hunton & Williams di Londra, afferma che l'esito del caso è stato «estremo» e potrebbe rafforzare l'idea che le leggi europee sulla privacy siano conservatrici e difficili da applicare. Con il rischio di ridicolizzare e indebolire le leggi europee sulla privacy e la protezione dei dati in generale.

«Microsoft approfitta delle difficoltà di Google», è un titolo sul Techblog di Maija Palmer sul Ft, che nota come Google sia anche nel mirino dell'antitrust europeo. «Una lunga indagine antitrust contro Google sarebbe fantasticamente conveniente per Microsoft», che ha di recente sistemato le cose con l'Ue e ora può apparire "più bianca del bianco", mentre la reputazione di Google si annerisce.

  CONTINUA ...»

25 febbraio 2010
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