«Finché si è inquieti, si può stare tranquilli» sosteneva in una sorta di acuto ossimoro lo scrittore franco-americano Julien Green.
La quiete, tradotta come stato di immobilità spirituale, è un richiamo di tempesta. Se, dunque, la meteorologia dell’anima - in questi tempi distratti e smarriti - pare promettere siccità, sui terreni sazi di materia e di aride risposte la scrittrice Susanna Tamaro riversa una pioggia di domande e mistero.
«Ogni parola è un seme»: un titolo sapiente, quasi evangelico, che è anche riassunto della mirabile storia dell’evoluzione umana. In cui la parola e il talento di progettare, «le due capacità specifiche del genere umano», hanno permesso all’uomo di abbandonare – fisicamente e metaforicamente - la postura orizzontale e di ergersi verso la luce. Proprio come le piante che, circa quattrocento milioni di anni fa, nel Devoniano, hanno istintivamente preannunziato all’uomo «il sogno» che fa nascere l’inquietudine. Perché ogni seme, sottolinea l’autrice, è potenzialità in sapiente attesa. Riposa nel silenzio, ascolta il richiamo del sole, germoglia verso l’alto e porta frutto.
La Tamaro, forte della sua esperienza di naturalista e documentarista scientifica - maturata all’inizio della sua attività professionale, prima di dedicarsi alla scrittura - cita ampiamente dal magico libro della natura. E proprio dal mondo animale media indizi ed espressioni che preconizzano un processo di involuzione umana o evoluzione a ritroso: «il sogliolamento». Come la sogliola, creatura nata «a forma di pesce» per poi trasformarsi in una sorta di «tappeto volante», in un beffardo destino biologico che l’autrice ritiene degno di una triste fiaba di Andersen, anche l’uomo sta subendo una metamorfosi. È «l’uomo senza spina dorsale», sguardo fisso al ristretto orizzonte raggiungibile da mani e braccia, linguaggio primitivo, materia e capricci come pane quotidiano. Bandita la trascendenza, l’umanità, guidata dalla «Grande Antenna» della scienza e della tecnologia - che confeziona e distribuisce in serie risposte a chi non si pone più domande- si inebria di sole e abbronzatura ma, paradossalmente, evita la Luce. E nella gabbia simil-dorata di una libertà illusoria e programmata, i nuovi ominidi hanno smarrito la capacità di articolare quella parola che, a dispetto delle teorie scientifiche secondo le quali il linguaggio umano sarebbe nato da esigenze concrete legate alla caccia, la Tamaro ipotizza sia stata la prima a renderci uomini: «Perché?».
Al di là delle recenti statistiche che proclamano un ritorno alla spiritualità, l’assunto dell’autrice è senza dubbio fondato. Non altrettanto convincente il libro. Curioso e accattivante nelle descrizioni - tra scienza e fiaba - delle magie della natura (poetico e commovente il racconto vero del delfino che amava una sinfonia di Mozart), slitta spesso in una sorta di forzatura didascalica, enciclopedica. E tra sentenze molto più vicine alla banalità che alla Sapienza, tra inutili ripetizioni di concetti e autoreferenzialità involontariamente presuntuosa, la Tamaro risulta più incisiva quando dimentica se stessa. Come nei cammei dedicati alla figura del padre o alla minuta maestra di calligrafia cinese. E se è ammirevole e condivisibile l’amore per la natura che è nostro passato e nostro futuro - «Dentro di noi sognano anche il sasso, la terra, la sabbia» - emanazione di quello Spirito Santo contro il quale nessuna bestemmia «avrà perdono in eterno», poco indulgente e amorevole – di conseguenza controproducente- è il monito rivolto agli stolti ominidi, schiacciati dal «robusto tegumento chitinoso» che è corazza contro angoscia e inquietudine. Ogni parola è un seme, dunque: un ottimo consiglio per scrittori, se intendono portare frutto.
“Ogni parola è un seme” di Susanna Tamaro
Rizzoli pagg. 114 euro 13,00