Golia ha battuto il gigante.
Così si può riassumere l'impresa della squadra azzurra di ginnastica ritmica che ieri nell'esercizio con tre cerchi e due clavette, ha battuto i giganti Russia e Bielorussia guadagnandosi l'oro a squadre. Una prova esemplare per esecuzione, valore tecnico e artistico.
Elisa Bianchi, Fabrizia D'Ottavio, Marinella Falca, Daniela Masseroni, Elisa Santoni e Laura Vernizzi, nella finale del Campionato del Mondo in Azerbaigian, si sono liberate del fardello di eterne seconde dopo l'argento alle Olimpiadi di Atene e quello di venerdì scorso nel completo.
Salite in pedana per ultime, sono balzate in testa con un punteggio di 15.675 davanti a Russia (15.150) e Bielorussia (14.825). Una sfida considerata insuperabile perchè al terzo posto si era piazzata un'euforica Bulgaria con un punteggio di 14.600. «Abbiamo battuto per la prima volta le Russe - ha spiegato Riccardo Agabio, presidente della Federginnastica - e lo abbiamo fatto in circostanze sfavorevoli, basta guardare il trattamento riservato dalle giurie alle ragazze provenienti dall'Europa Orientale. Succede spesso quando si gareggia nelle ex-repubbliche sovietiche : se abbiamo vinto noi, vuol dire che le ragazze azzurre sono state proprio brave».
Un merito speciale va anche all'ellanatrice Emanuela Maccari, al dirigente tecnico Marina Piazza e alla coreografa Nathalie Van Cauwenberghe che ha lavorato all'Opera di Parigi. La vittoria azzurra è stato il superamento di una prova anche dal punto di vista umano. La ginnastica italiana ha voluto dimostrare come in uno sport praticato da atlete-bambine, anche le ventenni possano raccogliere ottimi frutti trovando buone motivazioni anche dopo l'argento di Atene 2004.
Le ginnaste azzurre tornano da questi mondiali dell'Azerbaigian con un medagliere di tutto rispetto: secondo posto con Bulgaria nel medagliere per le nazioni, argento nella prova con i cinque nastri e quattordicesimo posto di Julietta Cantaluppi nella finale individuale.
Prossimo obiettivo: tenere unito il gruppo per altri tre anni fino ai Giochi di Pechino in una disciplina dove il cambio generazionale è continuo e l'età media è molto bassa.