Che l’apparenza inganni lo si capisce sin dall’architettura della narrazione.
Suddiviso con perfetta simmetria in tre parti (“L’inizio”, “Nel mezzo” e “La fine”, ciascuna cadenzata a sua volta da cinque paragrafi raccontati da altrettante voci alternate), il terzo romanzo dell’inglese Ali Smith (“
Voci fuori campo”,
Feltrinelli, 276 pag., euro 16,50) è in realtà un intreccio irregolare e affascinante di pensieri che formano un flusso di coscienza continuo.
Paragrafi che iniziano a metà frase, concetti ripetuti ossessivamente, giochi di parole, espedienti grafici, invenzioni linguistiche: attraverso una narrazione destrutturata, il libro racconta il disfacimento progressivo di una famiglia inglese come tante, gli Smart, all’apparenza tranquilla ma sotto la superficie brulicante di segreti, ossessioni, ipocrisie, rancori e frustrazioni.
C’è Astrid, introversa e intelligentissima dodicenne, che guarda e scopre il mondo attraverso l’obiettivo della sua telecamera. C’è il fratello diciassettenne Magnus, straordinariamente portato per la matematica, che oltre alle consuete ansie adolescenziali deve sopportare il peso di uno stupido scherzo dalle tragiche conseguenze. Ci sono la madre Eve, scrittrice di biografie romanzate di personaggi comuni morti, e il secondo marito di lei, Michael, docente universitario snob ed erudito, con un debole per le studentesse carine e intelligenti.
A sconquassare la vita degli Smart è l’irruzione, nella casa del Norfolk dove stanno trascorrendo le vacanze, di Ambra. Misteriosa ed evanescente, questa trentenne “che dice sempre la verità” mostrerà a ciascuno dei protagonisti chi sono loro realmente e chi sono quelli accanto a loro, cambiandoli per sempre.
Evidente il rimando al film di Pier Paolo Pisolini “Teorema”, dove l’arrivo di un ospite inatteso distrugge la calma esistenza di una famiglia borghese. Come nel film del regista italiano, anche nel romanzo di Ali Smith Ambra è un personaggio di cui, alla fine, nulla si sa e che seduce irresistibilmente ciascuno di loro. Irrompe nella scena scusandosi per il ritardo (“La macchina si è rotta”), come se qualcuno la aspettasse, mentre nessuno da chi sia. Stringe amicizia con la piccola Astrid (il personaggio linguisticamente e letterariamente più felice del romanzo), salva la vita di Magnus e lo inizia ai piaceri dell’amore, fa perdere la testa a Michael, che scrive per lei mediocri poesie che inframmezzano la narrazione. Solo con Eve, che pure ne è attratta non meno degli altri, mantiene un rapporto difficile e distaccato.
Non è nuovo, in apparenza, l’impianto del romanzo. Non è nuova la trama, né l’uso in sé del discorso indiretto per descrivere il punto di vista dei protagonisti. Ma risulta estremamente originale e innovativo il modo in cui Ali Smith mescola tutti questi elementi, orchestrando una narrazione intensa, infarcita di ironia e allusioni letterarie, che scava nella personalità dei personaggi facendone emergere il punto di vista pur attraverso l’uso della terza persona.
Alla fine del racconto, nessuno degli Smart sarà più lo stesso e il lettore avrà seguito passo per passo il processo interiore ed esterno che avrà portato alla loro trasformazione. Ambra esce dalla loro vita così come ne era entrata. Come il titolo della raccolta di poesia che Michael sta scrivendo alla fine del libro: “La donna che scompare”.