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2 dicembre 2005

Datemi 70 dollari all'anno e vi sfamerò il mondo

di Stefano Natoli

Mission impossible? No, la povertà estrema e la fame nel mondo - che ogni anno uccide 8 milioni di persone - possono essere realmente sconfitte.

Ne è convinto Jeffrey D. Sachs, consigliere di Kofi Hannan per lo sviluppo dei paesi del Terzo Mondo. Nel volume edito per i tipi della Mondadori l’economista dimostra che basterebbero solamente 70 dollari l’anno per ogni abitante dei Paesi poveri, per sconfiggere o comunque ridurre, gran parte dell’indigenza che attanaglia l’Africa, l’America Latina e parte dell’Asia.

Gli investimenti chiesti ai Paesi ad alto reddito? Centoventiquattro miliardi di dollari secondo le stime della Banca mondiale, lo 0,7% del Prodotto nazionale lordo, meno della metà della quota richiesta nel 1981 (1,6%), quando gli “estremamente poveri” erano in maggior numero - 1,5 miliardi contro gli attuali 1,1 - e il reddito complessivo dei paesi ricchi era considerevolmente inferiore - 13.200 miliardi di dollari contro gli attuali 20.200.

Per sconfiggere la povertà estrema è però necessario sottoscrivere un ‘patto globale’ fra tutte le parti in causa, cominciando col rispettare gli impegni già presi: gli obiettivi di sviluppo per il millennio (OSM) sottoscritti nel 2002 da 191 paesi membri dell’Onu con l’intento di dimezzare la povertà estrema entro il 2015 e cancellarla entro il 2025. La ricetta del professore di economia alla Columbia University è apparentemente semplice: prevede infatti investimenti mirati nei settori cruciali come agricoltura, alimentazione, salute pubblica, istruzione e infrastrutture di base (strade, elettricità, porti) e più spazio al mercato, che è poi “il vero motore per lo sviluppo”.

Non mancano, già nell’introduzione, critiche all'approccio schematico e riduttivo del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale e accuse agli stessi Stati Uniti che l’11 settembre 2001 hanno dichiarato guerra al terrorismo “dimenticando di occuparsi delle vere cause dell’instabilità del mondo”. Nel 2005, accusa Sachs, gli Usa “hanno stanziato 450 miliardi di dollari per le spese militari… e solo 15 miliardi di dollari - lo 0,16% del proprio Pil contro lo 0,92% della Norvegia e lo 0,84% della Danimarca - per sconfiggere le sofferenze dei più poveri, persone che vivono in società destabilizzate dalla povertà estrema e che diventano perciò focolai di fermento sociale, violenza e addirittura terrorismo globale”. Ecco il punto: in un mondo sempre più globalizzato l’esistenza di queste aree di indigenza rappresenta non solo un freno alla crescita generale, ma anche il possibile innesco di gravi crisi, nonché una reale minaccia per la sicurezza dello stesso mondo ricco.

Questo libro, risultato di ricerche sul campo e di studi compiuti nel corso di più di vent'anni, parla di quelle scelte giuste “che possono portare al mondo maggiore sicurezza, perché basate sul rispetto della vita umana”. "Non è una previsione di quel che accadrà", mette comunque le mani avanti Sachs, che il periodico Time considera una delle 100 personalità più influenti nel mondo, “ma solo un'analisi di quel che potrebbe accadere".
"Le idee di Sachs - dice nella prefazione Bono - fanno più rumore di una chitarra elettrica”. Secondo il leader degli U2 e portavoce delle cause dei paesi sfortunati “possiamo essere la prima generazione a non accettare più che la vita o la morte di un bambino dipendano da un fattore casuale come la latitudine”. Una sfida che non dobbiamo assolutamente perdere.



Jeffrey D. Sachs
La fine della povertà.
Come i paesi ricchi potrebbero eliminare definitivamente la miseria dal pianeta
Mondadori
Pagg XII-419. euro 20,00



 

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