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16 dicembre 2005

Settis: «La cultura non può essere un lusso»

di Stefano Biolchini

Salvatore Settis ha intitolato il suo ultimo libro Battaglie senza eroi: ma non bisogna farsi ingannare, la sua grinta nella lotta per la difesa dei beni culturali è quella di sempre.

L'allarme arrivato dalla chiusura della Domus Aurea è solo l'ultima preoccupante occasione per fare il punto con il direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa sullo stato del nostro patrimonio artistico.

La reggia neroniana è a rischio a causa di infiltrazioni. Se lo aspettava?
Cose tipo questa bisogna aspettarsele sempre. Qualche giorno fa è crollato un muro degli Orti Farnesiani. Se non si fa manutenzione è fatale che si verifichino questi problemi. La gravità della situazione sta nel crescente stato di abbandono del nostro patrimonio.

Ci sono altri beni per i quali urge lanciare l'S.o.s.?
I monumenti anche più recenti se abbandonati vanno in malora. Tanto per fare chiarezza fin da subito il patrimonio richiede nel suo complesso una continua cura. Vero è che il nostro patrimonio di proprietà pubblica da oltre cento anni viene curato dalle sovrintendenze: si tratta del sistema più avanzato del mondo, basato su competenze rigorosamente stabilite. Oggi questo sistema è in crisi perché le sovrintendenze stanno perdendo il personale che non viene rinnovato. Tutto ciò insieme alla mancanza di soldi determina la scarsità di cura del nostro patrimonio. E questo fa si che si vada pian piano verso la rovina.

La Corte Costituzionale con la Sentenza 151/1986 ha sancito la “primarietà del valore estetico culturale che non può essere subordinato ad altri valori, ivi compresi quelli economici”. In questi giorni il Governo vara la legge Finanziaria. Secondo il Ministro Buttiglione si profilano tagli per 48 milioni di euro. Come conciliare i tagli con le esigenze di tutela?

La nostra classe politica in buona parte mostra un deficit culturale molto grave anche rispetto alla Costituzione. In questo momento il Ministro Buttiglione fa eccezione perché protesta contro i tagli. La sentenza citata interpreta autenticamente l’articolo 9 della Carta Costituzionale. Questo continuo taglio dei finanziamenti ai beni culturali, quest’ultimo si aggiungerebbe ai tagli degli anni passati, indica che il nostro patrimonio viene considerato come una specie di lusso, un’appendice inutile e non un elemento dell’identità nazionale e del diritto di cittadinanza di ogni italiano. E questo mi sembra molto preoccupante.

Dove si potrebbe intervenire per eliminare gli sprechi? Per dirla con un’espressione cara al Ministro Giulio Tremonti, dove si può fare cassa?
Anch’io ho molto caro il tema della cassa, e in questo vado d’accordo con Tremonti. Però non riesco a capire perché in Italia si debba avere la più grande evasione fiscale del mondo occidentale (200 miliardi di euro). Allora non capisco perché si parli di vacche magre. Siamo in tempi di vacche magre perché non proteggiamo i beni culturali come impone la Costituzione, mentre proteggiamo l’evasione fiscale. Dunque si tratta di una scelta politica. Se proprio vogliamo imitare gli stati Uniti l’evasione fiscale va repressa molto duramente.

Il critico Federico Zeri definiva il nostro patrimonio come un museo diffuso sul territorio nazionale. L’Istituto Centrale per Restauro sta predisponendo una mappatura con il Sistema della carta del Rischio. Cosa ne pensa?
All’Istituto centrale ci sono persone di grandissima competenza. So che il progetto va avanti più lentamente di quanto dovrebbe proprio per mancanza di fondi. Una carta del rischio è uno strumento indispensabile. Ma credo che bisognerebbe andare oltre, ricordandosi di quanto scrisse un grandissimo direttore dell’Istituto, Giovanni Urbani: “vorrei che di restauri non se ne facessero mai perché bisognerebbe fare non il restauro ma una conservazione programmata”. Ecco, più che ai restauri bisogna puntare ad interventi di natura preventiva per evitare che accada quanto sta avvenendo alla Domus Aurea.

Parafrasando il suo ultimo libro, Battaglie senza Eroi, I beni culturali tra istituzioni e profitto, lei è noto al grande pubblico come un eroe per la sua battaglia contro la Patrimonio spa. Ci sono ancora pericoli in vista su questo fronte?
La Patrimonio spa non ha funzionato perché era una legge fatta molto male, che ha creato l’ennesimo carrozzone ministeriale. La ditta Patrimonio spa esiste ancora e impiega decine di persone. Gli incassi previsti dalle dismissioni in decine di miliardi di euro si sono limitati a uno o due miliardi di euro in quattro anni. È un vero fallimento. Ma questo non vuol dire che la cosa sia finita. C’è stato recentemente un convegno a Roma in cui un noto giurista, Giuseppe Guarino, ha presentato una nuova forma della Patrimonio spa sostenendo ancora una volta che lo stato deve rendere alienabili tutti i propri beni culturali. Si tratta di un progetto allo studio del ministero dell’Economia, anche se no so con quali risultati.

Professore, la scelta dell’Ira di Pieter Brueghel il Vecchio per la copertina del suo libro non è casuale...
È una mia scelta non tanto per l’Ira, quanto perché mi sembrava emblematica l’immagine di due guerrieri mostruosi, con un grosso elmo calato sul capo, che con un coltellaccio uccidono alla cieca i malcapitati. È emblematico di come si incida anche sul nostro patrimonio culturale.

Parliamo del ruolo dei privati nei musei. Quale futuro si può immaginare, quando i proventi dei biglietti coprono al massimo il 10/20% dei bilanci?
Chiunque dica che i musei devono funzionare grazie alle biglietterie è male informato. Neppure il Metropolitan funziona così visto che gode di cospicui finanziamenti pubblici da parte della città di New York. La risposta sta nel chiarire se esista qualcosa che si possa ancora chiamare pubblico servizio o se ogni singola istituzione debba autofinanziarsi. In quest’ultimo caso prima dei musei dovrebbero però essere chiuse anche le scuole, specie elementari, che evidentemente non si autofinanziano. Quanto ai conti qualsiasi economista sa che non si fanno solo con i biglietti, dal momento che c’è l’indotto. Il discorso della biglietteria è un discorso rozzo, anche se talvolta sorprendentemente spunta anche in documenti ufficiali


Si parla anche di aumentare il prezzo dei biglietti…

Credo che sarebbe un grande errore. Penso a paesi come la Gran Bretagna dove i grandi musei sono gratuiti per tutti o ai casi intermedi come quello del Louvre con biglietti gratuiti per fasce d’età. Occorre invece fidelizzare i visitatori, mentre aumentando il prezzo dei biglietti d’ingresso diminuisce il numero dei fruitori.

Parliamo della sua terra d’origine, la Calabria. Il Governo ha deciso di investire nel Ponte sullo Stretto. C’è chi dice che, con il ponte, arriveranno molti turisti per vedere quest’opera. Altro che i Bronzi di Riace…
Io sono contrario al ponte sullo stretto per una serie di ragioni. Non credo che l’impatto ambientale sia stato calcolato correttamente. Oltre all’impatto diretto del ponte ci sono le opere autostradali di raccordo. Il tutto quando l’autostrada Salerno- Reggio Calabria è impraticabile per decine di chilometri. Mi sembra che sia un grandissimo errore e un pessimo modo di spendere i soldi. Non si capisce poi perché si debbano spendere i soldi dei contribuenti in un’opera di regime come questa. Gli esperti di settore segnalano poi che per quindici/venti giorni all’anno il ponte dovrà essere chiuso a causa delle raffiche di vento. Quindi in quei giorni si dovrà ricorrere nuovamente ai traghetti, che devono essere tenuti in funzione tutto l’anno, con evidenti costi aggiuntivi. Tutto questo dimostra l’enorme spreco a cui andiamo incontro allegramente.

Cosa si aspetta venga inserito nel programma di governo dell’opposizione guidata da Romano Prodi?
Mi aspetto che il centrosinistra faccia un’inversione di tendenza, aumentando i fondi destinati al patrimonio culturale, e che faccia qualcosa di diverso da quanto fatto precedentemente, disaccorpando i Beni culturali dallo Sport e dallo Spettacolo, unendoli semmai al Ministero per l’Università e la Ricerca, dando così maggior respiro al sistema pubblico della tutela. Altro passo dovrebbe essere quello di ricominciare con le assunzioni, ferme da parecchi anni. Poi mi aspetterei, ma ci conto poco, di rimediare al più grosso errore del centrosinistra, ovvero la riforma costituzionale del nuovo titolo 5 che spacca in due la cura del patrimonio culturale.

A proposito di sport si è parlato di un possibile trasloco dei Bronzi di Riace a Torino per la vetrina delle Olimpiadi invernali. Cosa ne pensa?
Torino offre abbastanza senza bisogno di spostare nulla. Sono contrario agli oggetti simbolo, tanto più che so quanto siano delicati i Bronzi di Riace. Credo sia un’occasione per il Piemonte per presentare al meglio il proprio patrimonio. Gli oggetti simbolo poi hanno lo svantaggio di escludere tutto il resto.

Leggendo il suo libro non la definirei un pessimista, e questo nonostante lei titoli la sua ultima fatica: Battaglie senza eroi…
Anzi, mi ritengo un ottimista: diversamente non farei tutte queste denunce che propongo nella speranza che le cose funzionino. So che vale la pena di essere battaglieri. I veri pessimisti sono quelli che stanno zitti.



 

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