Un esordio da denuncia.
La linea del nemico dattiloscritta e impaginata, pronta ad aprire il fuoco (sacro?) della Scrittura contro i maestri stessi della strategia narrativa. Un’avvertenza vergata bianco su noir: non dare confidenza ai conosciuti.
Confessa e conferma lo scrittore Sandro Veronesi, messo spalle al muro di una quarta di copertina dall’intrigante insolenza di Alessio Romano, suo allievo presso la Scuola di scrittura Holden di Torino: “…era una spugna(in tutti i sensi), una sabbia mobile umana, una pianta carnivora…leggevi un suo racconto, gli dicevi che era buono, e lui subito te ne dava da leggere un altro, più buono ancora; gli davi confidenza e ti ritrovavi tra i personaggi di un suo romanzo”. Non da Protagonista immortalato in stima e gratitudine. Ma da Indiziato di plagio ed omicidio, scottato dal fuoco fatuo dell’infatuazione, nel girone infernale di “Paradise for all”: “Questo romanzo, per la precisione: un gran bell’esordio. Per questo non lo denuncerò”.
È una Twin Peaks formato gianduiotto quella che Romano – che senza terzo grado spara nomi, cognomi e citazioni, da Lynch a Kubrick, da Baricco a Nori, nella colta compagine Holdeniana- filma in capitoli di gioventù tarata e di perversi percorsi creativi. Svestita nei panni di una Laura Palmer torinese è Elena, trovata nuda, bella e morta nel suo grande appartamento dei misteri. Plurimo indizio: i suoi racconti. I più apprezzati, a prezzo della vita stessa. L'ultimo è indirizzato a lui, Matteo Marconi. Allievo sospeso nel “Mare profondo” – titolo di un suo romanzo proposto ai flutti e alle inquietanti pinne dell’editoria - dei sogni di scrittore e di surfista, più attento ai meteo dell’ondosa Costa Azzurra che alle lezioni ondivaghe di Veronesi. È l’investigatore provvido e improvvisato. Pronto a corrompersi quel tanto da rompere le uova nel paniere altrui. Innamorato –all’inseguimento, non all’altezza - dell’irresistibile Elena, contesa e sfuggente sul suo cavallo di Troia di segreti e di sventure. E nell’ironico calderone di attualizzazioni, all’holdeniano Holmes si affianca la spalla allampanata e il volto brufoloso di Filippo, il coinquilino ingenuo e “nerd” dalle inattese risorse investigative.
Un giallo shakerato – pur con innegabile misura - tra ingredienti nocivi e collaudati: sesso, droga, sangue, birra ed altri umori. Gradevoli oltre la data di scadenza, spunti e spuntini da intrattenimento, salati in superficie ma privi di sostanza nutritiva. Nonostante citazioni d’autore, aneddoti o riflessioni che, per quanto intelligenti o accattivanti –nonché chiaro indizio di una lezione appresa: lo scrittore è ancora prima lettore. Di tutto: libri, arte, vite e Vita - sono un post-it sulle pagine di un talento stuzzicante ma da stagionare.
È simpatico, quel “sabbia mobile” di un Romano. E proprio nel suo spirito impertinente il lettore si cala col sorriso. Ma nonostante la sterzata seriosa della nota conclusiva d’autore –“…cambiare i nomi sarebbe stata una scelta ipocrita, la comoda creazione di un inoffensivo universo parallelo, totalmente controllabile e per questo sprezzante e lontano sia da quel quotidiano da cui sono partito, sia da tutti quelli che lo abitavano con me”- tra personaggi inventati, soprannominati e caricati a salve (il Vecchio che Urla, luciferino accattone, lo Svizzero, spacciatore dal talento letterario color pastello, Marzia, l’immancabile cieca dai sogni premonitori o il Re del Lambrusco, giovane avvocato in fieri) sparare sulla Holden, con i suoi Nomi Veri e la sua Licenza di Inventare sino a rimanerne vittima, è il vero centro sul bersaglio. Stringendo un occhio per prendere la mira. Strizzando l’altro al lettore.
“Paradise for all” di Alessio Romano
Fazi Editore, pagg. 172, euro 12,50