Hanno lasciato a bocca aperta molti osservatori e numerose cancellerie quelle che sono state definite, da parte israeliana, le elezioni più democratiche del mondo arabo.
Lo stupore non è motivato solo dalla regolarità delle procedure con cui si è svolto il voto nei Territori palestinesi. È il risultato che conta: quello che veniva considerato uno dei popoli più laici nell’universo che fa riferimento alla cultura del Corano ha puntato tutte le sue – poche, ma fondamentali – carte sul movimento islamico di Hamas, che ha infatti ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi e ha espresso un legittimo governo con tanto di premier e di ministri. La Lista per il Cambiamento e la Riforma – questo il nome del movimento, in campagna elettorale – ha conquistato, al di là delle sue stesse previsioni e aspettative, un potere fino a ieri inimmaginabile, soprattutto per un gruppo politico comunemente associato alla pratica terroristica e all’idea della edificazione di una Stato islamico in Palestina. Evidentemente Hamas non è solo e soltanto questo – è anche una fetta consistente della società civile palestinese – ma certo è il gruppo dalle cui fila sono usciti i kamikaze, gli uomini-bomba che hanno terrorizzato per anni la popolazione israeliana, facendosi saltare in aria sugli autobus, in mezzo alla folla, dentro i bar, i locali, le discoteche, al mercato. Scene che si ripetono tutt’ora anche nell’Iraq del dopo Saddam Hussein.
Il libro del giornalista del Tg3 Roberto Balducci – “La bomba Hamas. Storia del radicalismo islamico in Palestina”, Edizioni Datanews – ripercorre con il taglio della cronaca, ma con un occhio anche sui doverosi approfondimenti, la genesi di uno dei movimenti che più hanno catturato l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale, per le sue azioni – spesso sconcertanti – ma anche per l’organizzazione capillare e la capacità di raggiungimento dei propri obiettivi, politici e militari, malgrado momenti di dura repressione e di vera caccia all’uomo da parte israeliana. Quando la prima Intifada, quella dei ragazzini che lanciavano pietre, cominciò a prendere corpo, quasi nessuno notò i volantini di un movimento politico-religioso formatosi per gemmazione dalla misteriosa ma rigogliosa pianta del radicalismo islamico rappresentato dai Fratelli Musulmani. Un vecchio paralitico con la barba bianca, lo sceicco Ahmed Yassin, faceva da guida spirituale e da capo carismatico al gruppo di giovani che ricercavano nel Corano e nell’insegnamento di Maometto i principi fondanti del proprio orientamento personale e della propria ispirazione e azione politica.
Il testo di Balducci, parlando di Hamas, di fatto tratta la storia del conflitto israelo-palestinese negli ultimi vent’anni: dal primo sostegno di Tel Aviv al movimento islamico in chiave anti-Olp, al sorgere dell’Intifada, alla nascita della fazione militare del movimento (le temibili brigate “Izz ad Din al Qassam”), fino alle bombe umane che hanno sconvolto Israele, ma in un certo senso anche tutto il mondo. L’analisi dell’autore, inoltre, non trascura nemmeno il capitolo strategico dei rapporti di Hamas con l’Autorità nazionale palestinese, caratterizzati spesso dall’ambiguità e dalle contraddizioni, ma segnati profondamente dalla personalità dei due leader indiscussi, Ahmed Yassin e Yasser Arafat. Non mancano, nel libro di Balducci, diversi accenni agli attuali assetti dell’universo palestinese, ora che la leadership islamica è al governo dell’Anp, suscitando paure e speranze, ma evidenziando anche una divisione interna al movimento tra moderati e radicali, tra dialoganti e coloro che non disdegnano ancora il ricorso alla violenza come strategia per far cedere Israele.
Il futuro è comunque ricco di incognite, ricorda Balducci. Non sappiamo se un’organizzazione inserita nella lista delle formazioni terroristiche da Stati Uniti e Unione Europea possa riuscire a compiere con successo un arduo cammino verso la convivenza pacifica con gli acerrimi nemici di sempre. Più le tregue reggono, maggiormente si rafforzano sia il governo di Ehud Olmert che quello di Ismail Hanieh. L’autore punta sul rientro di Israele nei confini del 1967 per rasserenare gli animi e raffreddare il clima incandescente del Medio Oriente. Sullo sfondo una domanda si fa cruciale: il principio di autodeterminazione dei popoli vale in ogni caso o solo quando governano esponenti “accettabili” dalla comunità internazionale? In ogni caso è arrivata l’ora, per Hamas, di decidere se puntare tutto sul processo politico o se, dinanzi a numerose difficoltà (non ultima la riduzione dei finanziamenti internazionali), tornare ad imbracciare le armi.
Roberto Balducci
La bomba Hamas. Storia del radicalismo islamico in Palestina
Edizioni Datanews, 191 pagine, 11 euro