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30 giugno 2006

Grazia Verasani ci porta velocemente da nessuna parte

di Giorgio Maimone

E’ difficile non cedere alla tentazione. Scrivi un libro di successo (“Quo vadis, baby”), inventi un bel personaggio, il cinema se ne accorge e se ne appropria (e non con una firma qualunque, ma con quella di un premio Oscar come Gabriele Salvatores) , Sandrone Dazieri ti apre le porte di un grande casa editrice e di una collana apposita per i noir (guarda caso, Colorado Noir, collegata alla Colorado Film di Salvatores, ma di proprietà del gruppo Mondadori), stanti tutti questi presupposti come puoi dire di no? Un attimo, non te ne accorgi neanche ... e il tuo personaggio è diventato seriale. Pronto per una bella fiction di qualche puntata in televisione (ci scommettiamo?). Eppure Grazia Verasani è brava, il suo personaggio è concerto e interessante, le sue capacità potrebbero spingerla oltre la riproposizione pigra di situazioni, giochi di parole, atteggiamenti caratteriali già sfruttati. Si può schiacciare l’occhio al lettore anche in altri modi, quando si è capaci di scrivere. E Grazia non solo è capace, ma è brava! Però, come dicevamo prima, la tentazione è troppo forte. E poi, quando si è trovato un bel personaggio e il suo gradevole brodo di coltura, quando lo si è visto crescere fino a diventare immagine in movimento in un film, quando tramite questo tutti hanno riconosciuto la tua bravura (che, prima, per anni, è stata appannaggio di pochi, troppo pochi) insomma a quel personaggio ti affezioni e tu stessa, scrittrice, hai voglia di sapere che cosa gli accadrà, a quali avventure o disavventure andrà incontro, come si comporterà alle prese con i casi della vita. Le peculiarità di Giorgia Cantini (e di Grazia Verasani. Credo che i link tra autore e personaggio siano massicci) sono tante: è un’investigatrice donna, detective privata che lavora in un’agenzia aperta col padre, si occupa di “piccole cose”, tradimenti, sparizioni, piccoli spionaggi o intercettazioni, perché le “grandi cose” sono giù successe dentro di lei: una madre che è morta, bellissima, lasciandoti (-vi, vale anche per il padre) sola e piccola, una sorella molto amata e partita per fare l’attrice a Roma che si è uccisa. Non sveliamo niente, tutto questo è la trama di fondo di “Quo vadis, Baby”, il primo libro con l’investigatrice Giorgia Cantini. Nel secondo ritroviamo tutto, come è d’obbligo, compresi piccoli riassunti delle “puntate precedenti”: gli stessi personaggi secondari che si definiscono meglio, gli stessi locali, lo stesso appartamento della protagonista, sempre Bologna come fondale importante della narrazioni. Non manca nulla per cadere nella retorica e nella serialità, eppure anche questo secondo libro sta in piedi da solo. Anche senza il primo. Anche senza il film che ne è stato tratto. A conferma dei talenti non piccoli di Grazia Verasani che, oltre che scrittrice, è poetessa, cantautrice di valore (ha vinto il Premio Recanati nel ’95), personaggio interessante sotto molti punti di vista, compreso quello dell’avvenenza estetica che avrebbe fatto di lei una perfetta Giorgia Cantini cinematografica. La trama del romanzo è piuttosto semplice, ma non è nel plot giallo che stanno i principali pregi di “Velocemente da nessuna parte”. Una donna sparisce, faceva la puttana d’alto bordo, lascia un bambino, una famiglia d’origine molto complicata e un’amica in ambasce. Con un lento lavoro di ricostruzione che passa attraverso la lettura delle poesie della donna sparita, i suoi gusti musicali (il titolo stesso del libro è la traduzione di una canzone degli Smiths, “Nowhere fast”) e tanti incontri con il figlio bambino di 10-11 anni, la mamma e il nonno, Giorgia riesce a ricostruire la trama. Ma, come nei migliori racconti di Sandrone Dazieri, il piacere del libro è altrove: è nell’atmosfera spessa che si respira attorno ai personaggi, nel caldo della Bologna estiva, nella scelta di una donna piacente di 40 anni che sceglie di vivere da sola, nel rimpianto e nella malinconia per gli anni passati (“formidabili quegli anni”, direbbe Mario Capanna) e nel non voler cedere a un ritorno nella “normalità”, all’imborghesimento, perché ci è impedito anche da tutta la storia pregressa. Sono questi, narrati con voce calma, lievemente speziata di ironia, gli elementi che ci fanno amare questo libro amaro eppure caldo, triste ma mai disperato. E nemmeno rassegnato. Giorgia Cantini sarà forse una “reduce” (da che? Dal ’77? Dagli anni della “movida” bolognese? Dai suoi vent’anni? Non si capisce, ma non importa), ma non è spezzata. E’ una donna “vertical”, con una sua morale e una sua dignità, che fugge dall’amore eppure lo cerca eppure lo fugge, in un gioco di elastici incrociati destinato a non aver fine. “La tossicità dell’amore comincia sempre così: incontri qualcuno, ci vai a letto, e in quattro e quattr’otto sei già pronta a chiamare il sesso in un altro modo. Come se bastasse un organo in un altro per costruirci sopra un romanzo. Come se non potessimo resistere alla tentazione di arredare il silenzio con la vacua mobilia delle parole”. Diventerà forse un personaggio seriale la nostra detective Cantini, con un occhio a Raymond Chandler e l’altro al giallo italiano? Pazienza, ce ne faremo una ragione: e sarà uno dei personaggi seriali dei gialli che ci piacerà di più.

Grazia Verasani
Velocemente da nessuna parte
pag.223 - Euro 15,00
Colorado Noir



 

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