“Sopravviverà la specie umana alla fine del petrolio?” Questa la domanda che occhieggia già dal sottotitolo, al servizio di un piacevolissimo libro, a metà tra divulgazione scientifica pure e intrattenimento, scritto con penna leggera, ma con mano sicura da Jeremy Leggett, geologo di fama internazionale che ha lavorato per un decennio nell’industria petrolifera, prima di assurgere al ruolo di “Cassandra” ufficiale del mondo petrolifero.
La tesi di Leggett è semplice e terrorizzante allo stesso tempo: tra il 2005 e il 2010 il mondo raggiungerà il proprio picco nello sfruttamento delle risorse petrolifere. Da lì in poi le scorte, superato il punto massimo di utilizzo, potranno andare solo ad esaurirsi in un tempo più o meno breve. Catastrofe? Potrebbe essere. Paragonabile a quella che ha portato all’estinzione dei grandi rettili nella preistoria. Solo che gli estinti, in questo caso, dovremmo essere noi. Cosa che non fa piacere a nessuno. Ma il libro non è “terroristico”: è tardi, ma non è troppo tardi. Se l’uomo inizia a capire che le scorte non sono infinite e che altre sono le fonti da utilizzare, oltre alla riduzione degli sprechi, e se governi e potentati economici vari non si mettono in mezzo, vie d’uscita se ne possono trovare: in primo luogo le fonti di energia rinnovabili. Ma non pensate, assolutamente, a Jeremy Leggett come a una nuova Giovanna d’Arco dell’energia alternativa. Anzi, Leggett viene da una formazione molto classica e da una militanza sul campo sufficientemente lunga, con contatti con tutte le compagnie petrolifere e gli altri esperti del settore. E’ quindi assolutamente un “insider” che rende pubbliche, o che cerca di non fare censurare, le proprie considerazioni in merito: certo, afferma di sua sponte di far parte del cosiddetto fronte dei “pessimisti”, ma parallelamente fornisce indicazioni precise che dimostrano che le stime degli “ottimisti” hanno i piedi di balsa e lo scheletro flessibile. Particolarmente convincenti alcuni dati: gli ultimi giacimenti “supergiganti” scoperti sulla terra oscillano tra immediatamente prima e immediatamente dopo la seconda guerra mondiale. La storia delle perforazioni petrolifere è iniziata a metà dell’ottocento (1859 la trivellazione del primo pozzo). Tra i giacimenti “giganti”, la metà sono stati scoperti più di 25 anni fa. Nel 2000 ne sono stati scoperti 16, nel 2001 nove, nel 2002 solo due e nel 2003 nessuno. La domanda che si pone Leggett sta benissimo in piedi: come si spiega questo calo a fronte del netto miglioramento delle tecnologie di ricerca? Semplicemente e solo con l’esaurimento delle fonti. Né sulla terra, né sotto il mare vi sono più immense riserve ancora tutte da scoprire. Come vada, un altro caso “Mare del Nord” non si ripeterà nella storia dell’umanità. Il giacimento del Mare del Nord e quello parallelo di Prudhoe Bay in Alaska sono stati scoperti negli anni ’70, ma sono stati, a tutt’oggi, l’ultimo brivido di novità provato dal settore. Nel 2000 è stato scoperto il giacimento di Kashagan in Kazhakistan, etichettato come “supergigante”, ma il prodotto è viziato dalla presenza problematica di acido solfidrico. Per quanto riguarda le fonti “alternative” di produzione del greggio (ossia estrazione in acque profonde, recupero assistito dei giacimenti attuali, petrolio non convenzionale , sabbie bituminose e gas) Leggett mostra abbastanza chiaramente di non crederci e soprattutto di ritenere che l’ambiente terrestre, la nostra “Perla verde” non possa permettersi pratiche di estrazione troppo dispendiose in energia o troppo inquinanti. Per narrare tutto questo Leggett sceglie uno stile che, a volte, pencola verso il romanzo, ma magnificamente scritto e alleggerito da qualsiasi paludamento accademico, comprese alcune virate nel territorio del palesemente comico: “Accidenti, certo che Dio la sa lunga in fatto di design”. Se così fosse è probabile che abbia evitato anche di dare ai lucertoloni (dinosauri - NdR) un bel cervello, altrimenti sarebbero ancora in circolazione”. “Proprio quando la biodiversità stava battendo ogni record, un nuovo disastro colpì la Perla Azzurra. Sono sicuro che si sia trattato di una semplice coincidenza, altrimenti, significherebbe che Dio ha uno strano modo di pulire casa”. Beh, certo che l’evoluzione raccontata così, ha tutto un altro sapore. La sapessero proporre anche nelle scuole sarebbe nota di merito assoluta. Leggett racconta con chiarezza come siamo diventati petrolio-dipendenti e perché questa dipendenza ci sta portando verso un'imminente catastrofe economica e ambientale. Una lettura consigliata, senza allarmismi, ma senza bende sugli occhi.
Jeremy Leggett
“
Fine Corsa”
Pag. 387 - Euro 15,80
Einaudi