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2 giugno 2006

Il vero giallo è troppo anche per Staino

di Giorgio Maimone

Scrittori non ci si improvvisa. Scrittori di gialli men che meno. E Sergio Staino questa volta fa il passo più lungo della gamba. Troppo più lungo della gamba. Un conto è scrivere fumetti, anche di successo, anche belli e pure interessanti e non privi di spunti di riflessione. Ma i dialoghi dei fumetti sono di corto respiro, sono scambi di parole propedeutici all’esplodere di una battuta di lì a poco. Un libro invece ha uno sviluppo più lento, un giallo in particolare è quasi come un orgasmo: un lento procedere in crescita progressiva, fino alla immancabile esplosione finale.

Ecco, se si paragona “Il mistero Bonbon” a un atto sessuale si ha l’equivalente di “far cilecca”, a cui nessun “viagra letterario” può riuscire a porre rimedio. Né i disegni che chiosano la fine dei capitoli (pur fatti con la consueta maestria), né qualche trovata di dialogo indovinata, né quelle poche notazioni di costume che si potrebbero anche salvare in un contesto clamorosamente povero. La trama, per quel che se ne può narrare, narra di sei amici (tre coppie) di cinquantenni che dovrebbero riunirsi per una cena a sorpresa per il compleanno di uno di loro. L’insieme dei sei, che ricalca il materiale umano di cui Staino ha sempre parlato nei suoi fumetti e nelle storie di Bobo in particolare, è quello “radical chic”, colto, agiato, di sinistra-ma-non-troppo, impegnato nel sociale ma con la testa fissa al pensiero del sesso. Tutti e tre gli uomini, alla fine della pochade che a volte ricorda il vaudeville alla Feydeau, finiranno a letto con le mogli degli amici. Alcuni per abitudine, altri per noia, altri non si sa perché.

Fatto sta che il festeggiato, il Bonbon del titolo, per l’appunto ha per la testa qualche sorta di grave problema: questioni di corna, come sostengono le donne? Oppure qualcosa di peggio, forse addirittura il coinvolgimento in un crimine, come sostengono gli altri due amici, basandosi su una serie di elementi indiziari tuttavia sempre più coincidenti? Nulla di tutto ciò, ma si saprà solo alla fine. Il vero problema di Staino è con la tenuta: se ogni singola pagina, presa a sé potrebbe anche reggere, è l’insieme dell’edificio che è fragile. Certo, perché anziché mattoni di letteratura si è preferito costruire l’edificio con la carta delle vignette. E neanche delle meglio riuscite. Le risate si contano a filo, le situazioni divertenti sono poche e quando si vuole fare assumere al tutto il ritmo della pochade si sfora nel pecoreccio (come nel finale, improntato tutto a giocare sulla “merda”, come potrebbero fare ragazzini in fase di crescita) o nel risaputo e poco credibile (come nell’invasione degli sbirri dei reparti speciali, che peraltro fanno sì che uno dei protagonisti si faccia la pipì addosso). Situazioni che difficilmente possono far ridere un pubblico adulto.
Quando poi cerca di alzare il tono e di far trasparire un po’ di poesia, purtroppo per lui, si incaglia in frasi simili: “Lei rispose solo con un leggero mugolio, mentre i suoi sfinteri, persuasi anch’essi della dolce sincerità di Pierre, reagirono con più entusiasmo, aprendosi come noccio di un ibisco carnoso de L’Avana. I due coniugi fecero l’amore alla greca, come Pierre chiamava la congiunzione che costò così cara alla biblica Sodoma e fu la bestia nera degli ipocriti di ogni epoca”.

Pietoso silenzio sull’intreccio “giallo” che non riesce mai a smuovere veramente l’interesse del lettore e che fa pensare che si stia facendo di tutto per tirarla in lungo, perché non si sa come venirne fuori con onore. Insomma, se lo sbarco nel cinema come regista (“Cavalli si nasce” del 1989, ma anche il successivo “Non chiamarmi Omar” del 1992) era stato un fallimento, anche lo sbarco nel mondo della letteratura “alta” o di genere per Sergio Staino parte col piede sbagliato. Meglio, molto meglio ricordarlo e rileggerlo nei fumetti di Bobo.

Sergio Staino
Il mistero Bonbon
Feltrinelli - Pag. 215 - Euro 10,00
Finito di stampare nel marzo 2006



 

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