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25 agosto 2006

Le raffinatezze di Lorenzo Monaco alla Galleria dell'Accademia

di Annalisa Serpilli

Un tardogotico che affonda le sue origini nell’opera di Giotto e che respira i nuovi fermenti rinascimentali, la raffinatezza delle tinte e il cangiantismo dei colori, la vita e l’opera di un frate pittore camaldolese. Tutto questo è narrato nella mostra dal titolo “Lorenzo Monaco (c. 1370 – c.1425)” all’intero della prestigiosa cornice della Galleria dell’Accademia a Firenze. E’ la prima monografica sull’artista che fu uno dei grandi protagonisti della corrente tardogotica in Italia. Un evento espositivo che ha lo scopo di indagare nell’evoluzione artistica del pittore e di farlo conoscere al grande pubblico dopo anni di dimenticanza. La mostra, curata da Angelo Tartuferi non poteva avere sede più adeguata perchè la Galleria dell’Accademia annovera nelle sue collezioni ben diciotto tavole, singole o elementi superstiti di complessi più vasti, attribuibili con certezza a Lorenzo Monaco. L’esposizione propone un chiaro percorso stilistico e cronologico dell’artista attraverso i dipinti più significativi e qualitativamente più rilevanti disposti e analizzati grazie a un progetto scientifico serio e accurato. Il pittore, nato nel 1370 circa, veste l’abito di frate camaldolese come Don Lorenzo nel convento di Santa Maria degli Angeli a Firenze. Opera in uno dei periodi più vitali e creativi dell’arte italiana, rapportandosi in maniera costante con i protagonisti principali della scena artistica fiorentina. La sua arte lo contraddistingue come uno dei più degni eredi della tradizione giottesca sul finire del XIV secolo. Nella sua opera non mancano i riflessi del nuovo fermento artistico rinascimentale che in quegli anni trova espressione in artisti del calibro di Lorenzo Ghiberti, Filippo Brunelleschi, Masolino da Panicale, Masaccio e soprattutto il Beato Angelico, l’altro frate e pittore che ha oscurato inevitabilmente la figura del più anziano Lorenzo Monaco.
E’ importante tener conto del contesto monastico in cui Don Lorenzo di Giovanni crea, per comprendere l’ intensa spiritualità che caratterizza le sue opere. Le scelte artistiche operate da Lorenzo Monaco, come da tempo gli studiosi sottolineano, sono dettate dall’esigenza di dare visibilità ampia e puntuale agli orientamenti spirituali dell’Ordine Camaldolese. I suoi dipinti lo esprimono in molti aspetti. E’ allora possibile porre l’accento sul timbro cromatico che predilige colori chiari e freddi stesi con particolari effetti di cangiantismo e la raffinatezza delle finiture e delle decorazioni marginali. Ma è il disegno duttile e raffinato, il vero tratto distintivo dell’arte del maestro camaldolese, che raggiunse vertici di fantasia brillante, soprattutto nella fase matura della sua attività. Grazie al disegno egli diventa una delle figure più attive e innovative della tradizione figurativa tardogotica. Una delle principali attrattive della mostra è costituita dalle molte ricomposizioni di complessi più o meno grandi che sono andati dispersi in epoche diverse, i cui elementi sono pervenuti da collezioni pubbliche e private di mezzo mondo. Si tratta di occasioni irripetibili per studiosi di ambito internazionale.
Il percorso espositivo parte dalla predella di un trittico dipinto per la cappella Nobili nel Capitolo di Santa Maria degli Angeli nel 1387-1388, eseguito dal giovane Lorenzo Monaco mentre si trova ancora nella bottega di Agnolo Gaddi, che esegue le parti principali dell’opera.
Ricomposto poi per la prima volta in mostra un altro complesso d’altare che il pittore crea intorno ai trenta anni d’età, per una cappella di patronato Ardinghelli in Santa Maria del Carmine a Firenze. Nell’esposizione è possibile leggere i documenti di pagamento dell’opera avvenuti tra il 1398 e il 1400. In questa fase il pittore dimostra di essere partecipe dell’importante parentesi neogiottesca, che investì larghi strati della pittura fiorentina nel periodo 1380-1410, espressa anche nell’Orazione nell’ Orto, dove però è già possibile intravedere i segni della svolta gotica dell’artista realizzatasi intorno alla metà del primo decennio e documentata in opere come il Cristo in pietà con i simboli della Passione e il trittico della Pinacoteca di Empoli, entrambe del 1404. Questa profonda, repentina evoluzione stilistica è ancora avvolta nel mistero anche se per alcuni critici potrebbe essere legata all’influenza di Lorenzo Ghiberti o di Gherardo di Jacopo, detto Starnina, rientrato all’ inizio del Quattrocento da un soggiorno in Spagna. Così in maniera inaspettata, un religioso dedito al mestiere del pittore “inventa” un suo stile, affidato ad un linguaggio assolutamente inconfondibile, completamente diverso da quello dei suoi colleghi. Un linguaggio che egli traduce con inalterata bellezza e qualità, sulle pagine dei molti codici miniati che decora per il suo ordine monastico. Così è possibile ammirare i cinque imponenti corali della Biblioteca Mediceo Laurenziana di Firenze, creati da Lorenzo Monaco e dai suoi aiuti per il Monastero di Santa Maria degli Angeli. Accanto ad ognuno di essi sono esposti, per la prima volta, le iniziali ritagliate che furono asportate intorno al XIX secolo, oggi disperse in varie collezioni pubbliche e private nel mondo.
Fra le tele più suggestive, il Compianto sul Cristo morto della Galleria Nazionale di Praga, “virtuosistica prova di verticalismo compositivo”, che anticipa le creazioni più fantastiche di Giovanni di Paolo a Siena, la pala solenne raffigurante la Madonna col Bambino del 1413, opera della piena maturità del pittore, pervenuta dalla National Gallery of Art di Washington. Ancora preziose e ‘uniche’ ricomposizioni sono quelle del trittico con al centro la Crocifissione del Museo Bandini a Fiesole e per laterali il San Francesco che riceve le stimmate del Rijksmuseum di Amsterdam e i Funerali di San Francesco della Galleria Pallavicini a Roma.
Non vanno dimenticati il frammento inedito di un Sant’Antonio Abate, scoperto in una raccolta privata inglese, celato da una ridipintura, autografo del grande artista e riferibile al 1415-1420, il prezioso dittichetto ‘da viaggio’ composto da due dipinti ognuno di circa 23 centimetri per 18, raffiguranti la Madonna dell’Umiltà e appartenente al Museo Thorvaldsen di Copenhagen e infine il San Girolamo nello studio opera del Rijksmuseum di Amsterdam.
La fase estrema dell’attività dell’artista è testimoniata da capolavori assoluti quali l’Adorazione dei Magi della Galleria degli Uffizi o il disegno su pergamena acquerellato con un fiabesco, irreale Viaggio dei Magi, appartenente al Gabinetto dei Disegni dei Musei di Berlino.
Il testamento artistico di Don Lorenzo è affidato alle tre tavole di predella del Museo di San Marco a Firenze in cui ricrea la Natività, il Miracolo di San Nicola e la Storia di Sant’Onofrio, eseguite per una pala d’ altare commissionata da Palla di Onofrio Strozzi lo stesso della pala di Gentile da Fabriano con l’Adorazione dei Magi conservata agli Uffizi che, lasciata incompiuta da Lorenzo Monaco, fu ultimata nella parte centrale dal Beato Angelico con la Deposizione di Croce.
Concludono l’esposizione alcune tele del giovane Beato Angelico, che per il curatore dell’evento, rappresenta un ideale passaggio di consegne. Il visitatore può allora chiudere il suo viaggio godendo della Madonna dell’Umiltà con quattro angeli del Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo, il più antico capolavoro del pittore domenicano, dove appare abbastanza evidente, soprattutto nelle figure angeliche, il legame d’origine con il mondo figurativo di Lorenzo Monaco.

Firenze
Fino al 24 settembre
Gallerie dell’Accademia
www.lorenzomonaco.it



 

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