18 agosto 2006 |
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I segreti in giallo di uno svedese al balconedi Giorgio Maimone |
La trama, in fin dei conti, è molto semplice.
Il capo della polizia di Stoccolma Martin Beck è coinvolto in un caso che ben presto si biforca in due: nei parchi di Stoccolma prima agisce un rapinatore che piglia a bastonate le vittime, prima di rapinarle, scegliendolo tre le più deboli e indifese. Alle sue gesta si aggiunge un stupratore di bambine. Per fermare il secondo bisogna catturare il primo. L’operazione, dopo alcune peripezie, riesce. Ma nei libri di Maj Sjowall e Per Wahlöö non è la trama a stare in primo piano, come già nei precedenti volume usciti per Sellerio, “Roseanne” e “Un assassino di troppo”. Negli anni ’60 i due hanno creato i caposaldi di quelli che è romanzo poliziesco scandinavo, di cui oggi un sicuro seguace è Henning Mankel. Importa molto di più il quadro della società svedese, ordinata e democratica, sulla cui superficie allignano crimini inutili, solitari, tendenzialmente immotivati e quindi quasi impossibili da scoprire. Ad operare in questo contesto un pugno di uomini, ognuno con una sua storia personale di maggiore o minore difficoltà, ma comunque non felici. I poliziotti vivono male, vivono male il proprio lavoro, vivono male fuori dal lavoro: mal pagati, insicuri, non sostenuti a sufficienza dalle strutture dello Stato, uno Stato che sembra non programmare bene il numero di lavoratori necessari, le loro esigenze e la loro gestione, nonostante la socialdemocrazia diffusa, nonostante la tendenza ad appianare i conflitti. Per cui, mentre seguiamo la trama gialla, piacevolmente spiazzati da questa irruzione nella realtà degli anni ’60, apparentemente così vicini, ma già quasi storia, seguiamo anche da vicino vicende famigliari con qualche crepa, che forse si risolveranno male o forse no. Non è certo il clima famigliare che respira l’ispettore Maigret quando torna a casa, lo stesso clima che accoglie l’ispettore Martin Beck a casa sua, dove i conflitti con la moglie sono sempre a livello di guardia e quando non è conflitto, è tensione che viaggia comunque alta sotto pelle. Le vicende umane di Beck restano sullo sfondo, non rubano mai la scena, ma la completano, formano dei controcanti adeguati che danno pienezza e realismo al romanzo. Ne “L’uomo al balcone” c’è poi questa lunga sequenza iniziale, un “piano sequenza” si potrebbe dire, dove un uomo, al balcone di casa sua, osserva la strada, dalle 4,45 fino a mattina inoltrata. Non succede nient’altro. Non sappiamo nemmeno chi sia l’uomo al balcone o perché sia lì e nemmeno cosa stia pensando. Sappiamo solo che fuma molto: una sigaretta dietro l’altra, di cui pone dispone i mozziconi con maniacale precisione, tutti attorno ai vasi di fiori, formando quasi una sorta di corolla. Il resto è la strada, coi suoi passanti, le entrate e le uscite di scena, come si trattasse di una quinta teatrale: un balcone come palcoscenico e sopra un uomo che osserva. Lungo piano sequenza che da solo (per la lunghezza di una quindicina di pagine) regge il peso del libro. Un libro che narra di storie grigie e ne narra con passione frenata, adatta al clima generale, forse anche al clima atmosferico di una malinconica estate svedese. Gli autori, una coppia di scandinavi, scrittori a quattro mani ma anche marito e moglie nella vita, sono stati riscoperti e consigliati a Sellerio da Andrea Camilleri che ne è loro estimatore; furono definiti, all'apice della loro fama, gli «autori del primo giallo socialdemocratico». La serie di Martin Beck consta di dieci romanzi gialli, una serie interrotta dalla morte di Per Wahlöö a soli 49 anni.Le Top News del Sole 24 ORE sul telefonino. | TOP al 48224 |
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