Uscire dal “tempietto” delle pubblicazioni scientifiche e raggiungere la “piazza” del genere divulgativo comporta un certo rischio: in Italia molti illustri nomi della ricerca hanno tentato l’ambiziosa operazione con alterne fortune e, quelle poche volte che riuscivano nell’intento, magari si trovavano contro la “confraternita” degli accademici al gran completo, pronta a lanciare accuse di tradimento al collega rinnegato.
Nel Bel Paese da chi è filologo, storico o magari archeologo ci si aspetta un libro in cui le citazioni prevalgano sul testo scritto, le note a pie' di pagina siano rigorose e la bibliografia ponderosa. Ciò non toglie che la divulgazione continui ad essere il sogno proibito di ogni ricercatore.
Federica Guidi, giovane archeologa dell’Università di Parma, non rinuncia alla tentazione e pubblica per Mondadori un saggio su uno dei temi più accattivanti dell’antichità romana: vita, passione e morte dei gladiatori. Assai intrigante il titolo, “Morte nell’arena”, che più o meno intenzionalmente rievoca certe atmosfere care ad Hemingway (“Morte nel pomeriggio” non è forse il più bel racconto che sia mai stato scritto sulle “arene” di Spagna?). L’intento dell’autrice invece è, più o meno celatamente, quello di raggiungere un equilibrio perfetto tra scientificità del trattato e divulgazione. Nelle 213 pagine dello scritto storie e leggende legate ai giochi più amati dai romani sono rese accessibili ai non addetti ai lavori senza che l’operazione faccia troppo torcere il muso a chi dà del tu a Orazio e Giovenale. Dopo un rapido excursus nel mito (come non cedere alla tentazione di rievocare gli omerici giochi funebri per Patroclo?) e nelle dispute che vogliono la pratica originaria dell’Etruria o del Sannio, l’attenzione è puntata sulla storia e, precisamente, su un arco di tempo che va dal III secolo avanti Cristo al V secolo dopo Cristo, dalla nascita alla morte, per volontà dell’imperatore Onorio, di uno “sport” amatissimo dalle folle dell’antichità, tanto da rendere chi sedeva sugli spalti di un anfiteatro similissimo alle bestie dell’arena, per usare un’immagine cara a Seneca. Vengono descritti con minuzia gli “albori” della pratica in età repubblicana ed i fasti di età imperiale senza tralasciare il grande protagonista dei giochi gladiatorii: quel pubblico che, non solo assisteva alle lotte, ma “interagiva” decidendo la vita e la morte dei combattenti con il proprio sostegno. Non manca un’attenta ricostruzione delle origini e delle funzioni degli anfiteatri, strutture architettoniche di intrattenimento di grande fortuna che trovarono nel Colosseo romano, sotto la dinastia dei Flavi, un insuperabile capolavoro. Vero e proprio centro del saggio è il capitolo sulla vita dei gladiatori, descritta con puntuali citazioni di fonti documentarie e una certa felicità di scrittura. Passando attraverso i giochi con le fiere e le naumachie si giunge ad un ampio capitolo su Spartaco, sicuramente il più celebre fra i gladiatori, cui la Guidi dedica un ampio capitolo che è una sorta di libro nel libro. Oltre al personaggio storico si analizzano il fascino che questo esercitò su personaggi politici dell’evo moderno (da Karl Marx a Rosa Luxemburg) e persino le ragioni del successo cinematografico dello “Spartacus” di Stanley Kubrick, citato con puntualità. Si chiude quindi con una riflessione (questa sì assolutamente impensabile in un testo scientifico) su ciò che rimane ancora vivo, nell’uomo contemporaneo, dell’antico spirito che portava la folla ad idolatrare chi versava sangue nell’arena. Nulla aggiunge la prefazione del romanziere da best seller storici Valerio Massimo Manfredi, il cui nome fa bella mostra di sé sotto il titolo in copertina.
Federica Guidi
“Morte nell’Arena. Storia e leggenda dei gladiatori”
Prefazione di Valerio Massimo Manfredi
Mondadori
pp. 213
Euro 17,50