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19 ottobre 2006

I giacimenti del potere e la fame d'energia

di Stefano Natoli

Nel 1998-99 il petrolio costava 10-12 dollari al barile. A partire da quegli anni, però, le quotazioni sono andate aumentando di anno in anno: nel 2005 il prezzo è addirittura raddoppiato, superando i 60 dollari e nel corso del 2006 si è arrampicato fino a quota 70. La fame d’energia della Cina (la sua domanda cresce del 3% annuo) e le tensioni geopolitiche - guerra in Iraq, ambizioni della teocrazia iraniana, Afghanistan, Cecenia – spiegano solo in parte l’impennata dei prezzi dell’olio nero. Ne è convinto Guido Rampoldi, inviato speciale di ‘Repubblica’ ed esperto di medioriente e mondo islamico: “il mondo del petrolio è così opaco, così incerti i dati e così forti gli incentivi a barare - scrive nell’introduzione del volume edito da Mondadori - che oggi nessuno può rischiarare il nostro futuro con una tesi incontestabile”. Così accade che l’Opec accusi Paesi importatori e compagnie petrolifere occidentali di non aver ampliato per tempo le capacità di raffinazione (strozzatura che sarebbe all’origine dello squilibrio fra domanda e offerta) e che questi sospettino che la stessa Organizzazione che raggruppa i principali Paesi produttori produca meno delle sue potenzialità allo scopo di tenere alti i prezzi. L’unica cosa certa è che l’era del petrolio facile e a basso costo è terminata e che chi possiede i giacimenti di petrolio si trova ad esercitare sempre più un potere di ricatto sulle prospettive dell’economia mondiale.

"Nazionalismo dei consumi" e "nazionalismo delle risorse"
Già, ma a chi appartiene oggi il petrolio? Chi possiede questi favolosi giacimenti che danno così tanto potere? Per cercare di rispondere a queste domande, l’autore ha fatto un lungo viaggio intorno al pianeta del greggio con l’obiettivo - pienamente raggiunto - di mettere a fuoco l’identità dei principali protagonisti di questo mercato: dall'Iran degli ayatollah, a cui i grossi introiti garantiti dagli alti prezzi dell'oro nero permettono di sostenere una politica aggressiva nei confronti di tutto l'Occidente, al Venezuela governato dal presidente Chàvez, che grazie alla ricchezza dei propri pozzi decide di sfidare la tradizionale egemonia degli Stati Uniti in America Latina; dalla Russia di Putin, che servendosi del petrolio e del gas siberiano cerca di ritrovare il ruolo di superpotenza che appartenne all'Unione Sovietica, all'Iraq del dopo Saddam, dove il controllo sui pozzi nello scontro tra sunniti e sciiti è una delle poste in gioco più alte perché il paese ritrovi uno stato di equilibrio.

Un cammino lungo le vie degli oleodotti - quello percorso da Rampoldi - che ha consentito all’autore di svelare i sottili giochi di potere che si disegnano attorno alla materia prima più ricercata al mondo. Un potere altissimo e del tutto instabile - quello dato dal possesso delle fonti di energia - soggetto a rivolgimenti politici e a tensioni economiche continue; un potere che l'intero Occidente cerca di controllare, contrapponendo – non di rado con l’uso della forza – il “nazionalismo dei consumi” al “nazionalismo delle risorse”.

Non un libro per specialisti, questo di Rampoldi, con cifre, tabelle e statistiche varie, bensì una guida per poter seguire meglio le notizie che arrivano tutti i giorni da questo fronte così importante, inserendole in un quadro di riferimento che permetta di valutarne le implicazioni economiche e politiche. Una guida che aiuta a capire cosa potrebbe accadere in futuro e cosa si potrebbe fare per affrontare al meglio la “duratura scarsità di petrolio”: dagli investimenti nella ricerca tecnologica – per esempio nei motori ibridi e nei sistemi puliti di sfruttamento del carbone – alla costruzione di un vero e proprio “governo mondiale degli idrocarburi” che garantisca accordi di sicurezza regionale lì dove l’estrazione o il trasporto di gas o petrolio sono minacciati da conflitti etnici o politici.

Partendo da un presupposto allarmante: quando si parla di petrolio è impossibile fare previsioni. “Il mercato degli idrocarburi assomiglia a uno di quei sistemi instabili che sono l'oggetto della teoria del caos”, afferma Rampoldi nel capitolo conclusivo, che non a caso si intitola ‘Il petrolio appartiene a kaos’. Instabilità e imprevedibilità sono dunque le caratteristiche del mercato con cui siamo chiamati - e lo saremo sempre più in futuro - a fare i conti. Le stesse caratteristiche che impediscono ai meteorologi di spingere il loro sguardo oltre i 4-5 giorni.


Guido Rampoldi
I giacimenti del potere: a chi appartiene oggi il petrolio
Mondadori, 2006
Pagg 197, euro 14,00



 

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