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24 novembre 2006 |
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Dopo un secolo torna in mostra la collezione dei Borromeodi Annalisa Serpili |
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Una puerpera, che indossa una camicia da notte blu, siede impettita su un grande letto, che occupa quasi tutta la stanza. Più in basso, tre scalini conducono ad un prato fiorito su cui sono raffigurate una cicogna bianca e un’upupa. Una domestica, con un asciugamano in spalla, versa acqua da una brocca in un bacile, in modo che la madre possa lavarsi le mani, gesto che si ritrova in altre scene di nascita. Seduta su un cuscino posato per terra, una levatrice tiene sulle ginocchia il neonato mentre una donna prepara il bagno per il bambino. Ai piedi del letto, giungono in visita tre personaggi con eleganti acconciature. No, non è la scena di un film in costume d’epoca. E’ l’immagine aggraziata rappresentata sul “recto” di un desco da parto del 1405 attribuito a Batolomeo di Fruosino. E’ l’opera con cui si apre la mostra “Capolavori da scoprire. La collezione Borromeo ora al Museo Poldi Pezzoli di Milano". Un’esposizione che raccoglie le più significative opere rinascimentali che appartengono alla collezione della famiglia Borromeo Arese: in tutto una trentina di capolavori, tra dipinti e sculture, collezionati tra la fine del XV e l’inizio del XIX secolo, mostrati al pubblico per la prima volta dopo quasi un secolo.
In rassegna opere conservate da molti anni nei depositi dell’Isola Bella sul Lago Maggiore, quali i preziosi dipinti di Bergognone, Foppa, Pinturicchio, Boltraffio, Luini e Giampietrino. Elemento di novità e di curiosità nella mostra sono stati inseriti quindici manoscritti autografi di artisti. Lettere e testimonianze di Pisanello, Michelangelo, Andrea Palladio, raccolti dalla famiglia principesca con il desiderio di cogliere il “carattere” specifico delle personalità dell’arte e della cultura del passato.
Ma come nasce questa collezione? La famiglia Borromeo, vede il proprio nome legato al mondo dell’arte e della cultura sin dagli albori della propria storia, iniziata nel XIV secolo. Già Vitaliano I (1391 circa-1449) intrattenne stretti contatti con i maggiori intellettuali del suo tempo chiamando artisti di spicco dell’epoca, tra cui Michelino da Besozzo e Filippo e Andrea Solari, per la decorazione del palazzo di Milano e delle cappelle di famiglia. Anche il suo primogenito, Giovanni III (1439-1495), ereditò la passione per l’arte che lo portò a commissionare una lunga serie di opere a pittori e scultori di grande prestigio quali Bernardino Buttinone,Gottardo Scotti, Baldassarre d’Este, Giovanni Antonio Piatti e Benedetto Briosco. Un contributo particolarmente significativo al patrimonio artistico della famiglia fu apportato dal Cardinale San Carlo Borromeo (1564-1584) che attribuì grande importanza alla funzione delle immagini sacre e rivestì un ruolo dominante nell’evoluzione dell’arte sacra lombarda. Fu poi il cardinale Federico Borromeo (1595-1631), successore devoto dell’opera e della religiosità del cugino Carlo, a rafforzare il patrimonio della collezione grazie alla raccolta di libri, manoscritti, quadri antichi o dipinti realizzati dagli artisti del suo tempo. Nel XVII secolo entrarono a far parte della collezione opere di grande importanza, quali, fra l’altro, Sofonisba e Didone del Giampietrino, e il Ritratto di dama e il Ritratto di uomo di Giovanni Antonio Boltraffio. I quattro dipinti approdarono nella raccolta a seguito del matrimonio, avvenuto nel 1652, tra Renato II (1613-1685) e Giulia Arese (1636-1704).
Tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento la prestigiosa collezione Borromeo-Monti arriva a Milano nel palazzo di famiglia, che prese il nome di “Pinacoteca Borromeo”. Gli importanti capolavori rimasero visibili al pubblico fino all’inizio della Seconda Guerra Mondiale, quando vennero trasferiti in un caveau all’Isola Bella, dove sono tutt’oggi conservati.
Lungo ll breve percorso espositivo è allora possibile apprezzare le ammalianti Didone e Sofonisba del Giampietrino, caratterizzate da uno stile squisitamente leonardesco. Didone, l’eroina virgiliana, è rappresentata nell’atto estremo del suicidio: chinata sulla spada di Enea, gira la testa per volgere l’ultimo sguardo all’amato, che fugge con la flotta troiana verso altri lidi. Sul tavolino d’angolo ricoperto da un drappo di lino rigato sono posti alla rinfusa, con qualche monile, le insegne del potere, la corona e il mantello di porpora, che la regina di Cartagine ha trascurato per amore.
Sofonisba, figlia del generale cartaginese Asdrubale, nemico dei Romani, e moglie del re di Numidia Massinissa, beve il calice avvelenato offertole dallo sposo per non cadere nelle mani del vincitore Scipione. Seduta con compostezza sulla “savonarola” ricoperta dal manto di seta, in un elegante nudo integrale, la giovane solleva la coppa mentre il suo sguardo contempla la morte imminente. Non mancano dettagli preziosi, come il piccolo smeraldo del pendente e il diadema d’oro ornato da un fine ricamo di perle. Secondo alcuni studiosi, le due tele insieme alla Lucrezia e alla Cleopatra della Kress Collection di New York, potevano appartenere a un’unica serie dedicata alle eroine del mondo.
Fino al 9 aprile
Milano
Museo Poldi Pezzoli
Mostra e catalogo a cura di Mauro Natale con la collaborazione di Andrea Di Lorenzo
Catalogo Skira
www.museopoldipezzoli.it
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