30 novembre 2006 |
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Fallaci/Panagulis: storia di un amore al tritolodi Francesco Prisco |
Da un lato l’icona per eccellenza del giornalismo al femminile, dall’altra quello che da più parti è stato definito il Che Guevara europeo: due personalità spigolose che in vita hanno incassato lodi e attestazioni di solidarietà, ma hanno anche scatenato aspre polemiche la cui eco si avverte ancora oggi. Da un lato c’è l’autrice di best seller Oriana Fallaci, dall’altro il suo compagno, l’eroe della resistenza greca Alekos Panagulis.
Al loro «amore al tritolo» è dedicato “Usa Getta”, libro del critico letterario Gian Paolo Serino pubblicato da Aliberti Editore una manciata di mesi prima che scomparisse la Fallaci. In poco più di cento pagine Serino riesce a fare tre cose: ricostruire la vicenda della coppia, riproporre una selezione delle poesie di Panagulis che mancavano dalle librerie italiane da oltre trent’anni, mettere in evidenza, con uno stile da pamphlet, le contraddizioni tra la Fallaci degli anni Settanta e quella del dopo 11 settembre. “Usa Getta” si propone allora come un libro che può essere letto con interesse tanto dalla tribù dei fallaciani, quanto da quella degli anti-fallaciani: entrambe le fazioni ne recupereranno aneddoti curiosi e spunti di dibattito. A dominare l’opera è senza dubbio la figura di Panagulis, dalla quale l’autore appare profondamente affascinato. Da capo di una congiura che nel ’67 avrebbe dovuto far saltare in aria, con il tritolo, il leader della Giunta dei colonnelli Georgios Papadopulos riportando la libertà in Grecia, Panagulis si ritrova in un carcere di massima sicurezza, a subire le più degradanti torture fisiche e psicologiche. In cella compone la raccolta di poesie “Vi scrivo da un carcere in Grecia” (suo inchiostro è il sangue delle ferite che gli procurano i torturatori, sua carta le garze per le medicazioni, sua penna un fiammifero) e in una cella del penitenziario di Boiati conosce Oriana Fallaci. Un incontro che la giornalista racconterà nel 1974 in “Intervista con la storia” ma sul quale, soprattutto, tornerà nel 1978 con “Un uomo”, opera interamente dedicata a Panagulis. L’eroe della resistenza greca, infatti, con la caduta della Giunta dei colonnelli era diventato parlamentare, fino alla morte nel 1976 per un assai sospetto incidente stradale, appena due giorni prima della rivelazione del dossier relativo agli agenti di sicurezza del regime dei colonnelli. Serino parte da un elemento: il tritolo. L’esplosivo con il quale Panagulis avrebbe dovuto liberare la Grecia da una dittatura spalleggiata dagli Usa è lo stesso dei kamikaze islamici, contro i quali l’ultima Fallaci lancia i propri strali polemici, così come le torture inflitte al suo compagno nel carcere di Boiati ricordano da vicino, per modalità e ferocia, quelle dei soldati americani ai prigionieri iracheni di Abu Ghraib. Ne emergono valutazioni, spesso amare, sulle sorti della democrazia in tempi in cui è cosa fatta il passaggio dalla «strategia della tensione» alla «strategia della finzione», con i sensi dei cittadini resi quasi ottusi dalla quotidiana overdose di comunicazione. Su tutto risuona il terribile monito che arriva direttamente dalla cella di isolamento di Panagulis: «(…) è nato/un nuovo genere di schiavi/schiavi pagati/schiavi saziati/schiavi che ridono/schiavi che vogliono/rimanere schiavi/questo è il progresso!».
Gian Paolo Serino
“Usa Getta. Fallaci-Panagulis: storia di un amore al tritolo”
Aliberti Editore - pp. 112 - Euro 9,90
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