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15 dicembre 2006

Mito e decadenza nel rosa Tiepolo

di Annalisa Serpilli

Roberto Calasso, "Il Rosa Tiepolo"Immaginare di trovarsi in un grande simposio in cui personaggi di epoche diverse, da Roberto Longhi a Marcel Proust, si ritrovano a disquisire di un unico argomento: Gian Battista Tiepolo. A moderare il dibattito ci pensa Roberto Calasso, autore di “Il Rosa Tiepolo”, testo numero cinquecento della grande biblioteca Adelphi. Un libro denso di richiami letterari e artistici che si affida a una prosa incalzante. Calasso lascia ancora il ruolo di fondatore e direttore della casa Adelphi, per cimentarsi in quella che lui stesso definisce una tappa in una serie di opere tra loro collegate, una pentalogia appunto. Per giorni dall’uscita del testo, i recensori si sono chiesti quale fil rouge ci fosse tra “La rovina di Kasch”, i miti greci di “Le nozze di Cadmo e Armonia”, quelli vedici di “Ka”, il Kafka descritto in “K” e “Il rosa Tiepolo”. Svelato l’arcano. Calasso definisce la sua pentalogia,”Una saga familiare di una famiglia anomala”. Iniziata con una leggenda africana, continua con la celebrazione della mitologia greca, culla della cultura occidentale, prosegue con la tradizione indiana, si sofferma sulla figura di Kafka dissacratore di ogni forma di mitologia e di religione e si conclude con Tiepolo, un artista in grado di celebrare e dissacrare allo stesso tempo, le tematiche legate al mito.
Allora cosa rappresenta questo pittore settecentesco, amato e vezzeggiato dai suoi contemporanei e poi per secoli quasi dimenticato? Per Calasso è un pilastro della cultura figurativa europea: l’apice della pittura e l’inizio del declino dell’arte nella civiltà occidentale. Non contesta la tesi che Tiepolo fosse un artista abile, veloce legato ai temi settecententeschi della rappresentazione del mito classico come eco dell’invenzione arcadica, letteraria e teatrale. Ma rifiuta “in toto” la leggerezza attribuita per anni al pittore, la mancanza di significati nei suoi lavori e la ricerca fine a se stessa di motivi decorativi. Per Calasso c’è molto di più. Tra i fastosi personaggi mitologici, tra quelle atmosfere vaghe quasi oniriche, si nascondono tematiche cabalistiche, teurgiche, stregonesche, magiche e orientali.
E allora è possibile ammirare la stanchezza della civiltà dipinta nei “Quattro continenti” rappresentati alla Residenza di Würzburg dova la “pittura” veste i panni di una donna stanca con la faccia da ebete incapace di essere creativa e vivace. Cuore del dibattito sono i “Capricci e gli Scherzi”. Ciascuno di quei fogli dipinti dal maestro, è il capitolo di un romanzo nero, abbagliante e muto, popolato da personaggi disparati e sconcertanti: efebi fiorenti, Satiresse, Orientali esoterici, gufi, serpenti e anche Pulcinella e Morte. Li ritroviamo tutti nelle pagine di questo libro, insieme a Venere, Tempo, Mosè, numerosi angeli, Armida, Cleopatra e Beatrice di Burgundia: una variegata, zingaresca compagnia sempre in cammino, "tribù profetica dalle pupille ardenti", come suona un verso di Baudelaire in cui le figure rivelavano una fluidità senza ostacoli e senza sforzi, capaci di accedere a tutti i cieli, senza dimenticare la terra. E il “Rosa” che significato ha? E’ il colore presente nelle vesti di Odette, di Albertine e della Duchessa di Guermantes, il fil rouge della memoria per lo “Swann” protagonista della celebre “Recherche”. Una tiepida tonalità vicina al ciliegio usata dal Tiepolo per ricreare atmosfere soffuse e festose. Un colore inconfondibile evocatore di immagini più legate alla rappresentazione teatrale che a quella pittorica, simbolo di un artista da molti giudicato superficiale e artificioso e che invece, almeno secondo Calasso, era riuscito a rappresentare – con una frase di Nietzche – “ Il mondo come opera d’arte che si autogenera”.

Il Rosa Tiepolo, di Roberto Calasso, edizioni Adelphi, 320 pagine, 32 euro.



 

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