Il primo dei tanti equivoci che caratterizzarono la vita di Cristina di Svezia avvenne pochi istanti dopo la sua nascita, una gelida notte di dicembre del 1626: le levatrici, forse a causa di una malformazione genitale, in un primo momento la dichiararono di sesso maschile, per poi correggere poco dopo l’errore, tra la delusione della corte. Veronica Buckley, ricercatrice neozelandese trapiantata a Parigi, racconta magistralmente questo e molti altri aneddoti sulla sovrana che adorava il potere ma non volle regnare, nella sua biografia “Cristina Regina di Svezia”, pubblicata in Italia dalla collana “Le scie” di Mondadori. Il libro, grazie anche a uno studio attento alle corrispondenze epistolari della protagonista, smonta uno dopo l’altro i luoghi comuni che circondano la figura di questo personaggio storico, di cui nei secoli si è scritto di tutto: lesbica, libertina, mistica, raffinata studiosa, ecc. Sulla discussa vita sentimentale di Cristina il giudizio della Buckley è piuttosto netto: la regina nel corso della sua vita si innamorò di diverse persone, perlopiù uomini (fra cui il futuro re Carlo Gustavo che però poi rifiutò di sposare), e anche di alcune donne, compresa la sua cortigiana Ebba Sparre, ma, molto probabilmente, non ebbe mai una vita sessuale completa. Secondo l’autrice, non cedette neppure nel corso della sua relazione decennale con il cardinal Azzolino, perché “non poteva sopportare di essere usata da un uomo nel modo in cui un contadino usa i suoi campi”. Quanto poi alla sua clamorosa conversione al cattolicesimo, i motivi furono più terreni che spirituali. Cristina, che aveva ereditato la corona dal padre Gustavo Adolfo a soli 6 anni, abdicò soprattutto per la noia che provava da tempo per Stoccolma, allora una piccola e gelida città di poche migliaia di abitanti. Si diresse allora verso Roma, vista come culla dell’umanesimo e dei valori classici tanto amati. Cristina dovette così abiurare al luteranesimo e recitare l’atto di sottomissione all’autorità papale, ma la sua conversione suscitò per lungo tempo più di una perplessità nei suoi contemporanei. Come scrive la Buckley, alla messa di mezzanotte che seguì il suo rito di adesione alla Chiesa cattolica (1654) “il suo atteggiamento era rilassato, persino frivolo e, più tardi, parlò in tono leggero della transustanziazione, in cui aveva giurato di credere”.
La biografia smonta anche la leggenda sulle straordinarie qualità intellettuali della sovrana svedese: Cristina amò circondarsi di dotti e sapienti, ma faticò ad apprendere le lingue classiche e non imparò mai a suonare uno strumento. Portò alla sua corte di Stoccolma il grande Cartesio, ma dopo poco tempo, come le capitava spesso, perse interesse per le sue lezioni e si dedicò ad altri progetti. Il filosofo, quasi prigioniero nella fredda capitale nordica, si ammalò e spirò nel giro di pochi mesi. Fine ben più tragica fece diversi anni dopo il povero Monadelschi, un servitore accusato di tradimento, che fu fatto giustiziare in suolo francese su ordine di Cristina senza neppure la parvenza di un processo. Insomma, la Buckley è riuscita a ricostruire in maniera convincente la vita di “un’europea eccentrica”, con una buona alternanza di frammenti di epistolario, puntigliose ricostruzioni di intrighi e aneddoti più leggeri. Da tempo una delle figlie più illustri del secolo del barocco meritava di essere raccontata con qualcosa di più che dei semplici luoghi comuni.
Veronica Buckley
Cristina regina di Svezia
Mondadori - Collana: Le Scie
Pagine 424 - Formato 15x22,3 - Anno 2006
Prezzo: 19 euro