Le buone ragioni per visitare l’esposizione che il centro culturale svizzero dedica alla collezione d’arte di Eugenio Balzan sono diverse: l’emozione di vedere opere importanti (normalmente non visibili); l’opportunità di conoscere da vicino un personaggio straordinario; la possibilità di ripercorrere la storia stessa della Milano della prima metà del Novecento, quando la città affermò e consolidò il suo primato economico e culturale. Eugenio Balzan arrivò giovanissimo a Milano a fine Ottocento da Badia Polesine, dove era nato nel 1874. Intelligente, curioso, capacità connaturate di formidabile organizzatore, evidentemente predestinato, entrò al Corriere della Sera, dove fece una carriera straordinaria: da correttore di bozze, a giornalista di spicco, su su fino a ricoprire la carica di amministratore della casa editrice per 30 anni, a partire dal 1903. Il contatto con collezionisti d’élite (tra i quali, lo stesso direttore del Corsera, Albertini), la frequentazione con Toscanini, Hoepli, Puccini, Boito,Umberto Giordano e Riccardo Zandonai, l’atmosfera stimolante e creativa della Milano di quegli anni, alimentarono la passione per l’arte e lo spirito collezionistico. Con puntiglio e competenza (aiutato anche dai consigli di critici amici), tra gli anni venti e quaranta Balzan costruì una notevole raccolta di opere di arte contemporanea, privilegiando le scuole regionali di fine Ottocento. Quella regionale era una lettura del fenomeno artistico allora molto in auge; al suo interno, ebbe una decisa predilezione per il naturalismo pittorico e il paesaggismo. La raccolta è formata da una cinquantina di opere, di proprietà della Fondazione Eugenio Balzan di Lugano. Non a caso Lugano; la Svizzera, infatti, ebbe una parte molto importante nella vicenda umana di Balzan: lì si ritirò nel 1933, in aperta ostilità nei confronti della dittatura fascista, lì continuò l’attività benefica a favore di enti italiani e di giornalisti rifugiati politici durante la guerra, lì morì nel 1953. Nel 1944, parte della collezione Balzan fu esposta al pubblico a Zurigo e Bellinzona. Da allora mai più. Oggi, 34 opere della collezione sono esposte a Milano. Opere di spessore, che danno il senso compiuto di quelle
scuole regionali sopra citate. Il napoletano drammatico-verista Domenico Morelli (“Bagno pompeiano”, 1861, considerato dalla critica un capolavoro), Filippo Palizzi, abruzzese formatosi a Napoli (si veda la straordinaria “Fanciulla sulla roccia a Sorrento”, 1871), Giuseppe De Nittis, tra naturalismo e impressionismo. Ettore Tito, anche lui campano, ma artisticamente “naturalizzato” nel Veneto (visse e morì a Venezia), sulla cui tradizione coloristica innestò il dinamismo dell’espressionismo nordico (“La mia rossa”, del 1888). Tra i rappresentanti della scuola lombarda, Mosè Bianchi (tra le altre, gli oli su tavola “Pusterla dei fabbri”, del 1897, e “Darsena di Porta Ticinese”, del 1889), e il divisionista Gaetano Previati (“La presentazione del neonato”, 1877). Di Francesco Paolo Michetti, abruzzese della provincia di Pescara (in catalogo il luogo natìo Tocco Casauria viene erroneamente collocato in provincia di Pesaro), noto anche come fotografo di D’Annunzio, è presente l’olio tavola “Pastorale”,
1874. Non mancano nella raccolta Balzan il veneziano Giacomo Favretto, rappresentante eccelso della pittura di genere a carattere anedottico (“Balcone Palazzo Ducale”, 1881), e il piemontese Alberto Pasini, coi i suoi tipici soggetti di gusto orientaleggiante, il grande toscano macchiaiolo Giovanni Fattori, con una poco conosciuta ma molto interessante opera del 1890 intitolata “Uomo nel bosco”. Da ricordare ancora le opere di Edoardo Dalbono, grande esecutore di soggetti storici, Leonardo Bazzaro, naturalista lombardo, il paesaggista Eugenio Gignous, Plinio Nomellini, macchiaiolo e poi divisionista, Luigi Nono, macchiaolo e naturalista, Federico Rossano (amico di
Pissarro e Degas, da cui viene influenzato), Gioacchino Toma, rappresentante del verismo napoletano. Si sconfina nel Novecento con Achille Beltrame, noto al grande pubblico come illustratore della Domenica del Corriere (“Ritratto muliebre”, pastello su carta del 1910), e Ardengo Soffici, poeta e pittore che aderì al futurismo, per tornare poi alla tradizione figurativa classica (“Crepuscolo estivo”, olio su tela, 1937).
Una collezione d’arte tra Ottocento e Novecento. La raccolta Eugenio Balzan
A cura di Giovanna Ginex
organizzazione Banca Corner di Lugano e Corner Sim di Milano
in collaborazione con la Fondazione Internazionale Balzan
Milano, Centro culturale svizzero (Via Vecchio Politecnico 3), dal 25 gennaio al 28 febbraio 2007
Ingresso libero, dal lunedì al sabato, orario 12-19.