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Concorrenza. Il segreto bipartisan della prosperità americana

di Stefano Natoli

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26 gennaio 2007

La prosperità americana degli anni ’90 e la ripresa dalla crisi economica del 2001 non trovano spiegazione nella politica monetaria di successo, nell’uso strategico della spesa pubblica, nel contenimento delle tasse o nello sviluppo tecnologico, come hanno affermato nel tempo economisti e politici, ma “in oltre vent’anni di scelte politiche bipartisan che incisero sui singoli settori, provocando un’intensificazione della concorrenza al loro interno”.
A mettere le politiche per la concorrenza al centro dello sviluppo americano è Paul A. London, uno studioso che ha ricoperto posizioni di responsabilità nell’amministrazione Clinton, in ‘Concorrenza. Il segreto bipartisan della prosperità americana’ (Università Bocconi editore, Milano, 2006, 296 pagine, 24 euro).

Mario Monti lo legge come un incoraggiamento all’Italia
Secondo l’ex sottosegretario Usa al Commercio, gli eroi della crescita americana non sono stati i vari Paul Volcker e Alan Greenspan, ma imprenditori privati con nuove idee e grandi energie - come Ken Iverson di Nucor, Jack Goeken di Mci, Sam Walton di Wal-Mart - che hanno scardinato gli equilibri monopolistici che governavano rispettivamente il mercato dell’acciaio, le telecomunicazioni, la grande distribuzione, quasi sempre dopo avere vinto lunghe battaglie politiche e legali scatenate dai monopolisti a difesa dei propri privilegi. “Ogni settore ha avuto una storia a sé – sottolinea l’autore in un’intervista di presentazione del libro - ma sia i politici sia questi nuovi arrivati erano concordi nel considerare la concorrenza come un valore”. Il merito indiscusso dei leader politici fu secondo London quello di aver impedito ai centri di potere consolidati “di annientare gli innovatori” favorendo così quella concorrenza che - determinando una netta impennata degli investimenti e dell’innovazione, alla base a sua volta di una crescita più rapida senza i danni dell’inflazione - “aprì la strada alla prosperità degli anni ‘90”.

La storia raccontata da London è dunque una storia di lotta per la conquista dell’indispensabile strumento della concorrenza. Uno strumento che, anche nel paese che sembra incarnarla, non è uno stato naturale - ma un obiettivo da perseguire con forza - e non si raggiunge una volta per tutte: “al mutare dello scenario economico - sottolinea infatti l’autore - si impongono nuovi provvedimenti, nuove iniziative, nuove azioni legali, in quanto le spinte monopolistiche
degli attori già affermati restano fortissime”.

Mario Monti, già commissario europeo alla concorrenza, ne trae un chiaro messaggio per l’Italia, che come è noto non brilla in tema di competitività e tende a scivolare sempre più in basso nelle classifiche internazionali della libertà economica. “Molte forze politiche”, scrive il professore nella Prefazione, “hanno finora cercato di ottenere 'rendite' elettorali rinunciando a combattere a fondo le rendite economiche, generate dalla scarsa concorrenza. Solo se le varie forze politiche decideranno insieme di non inseguire quelle 'rendite' elettorali, i pubblici poteri troveranno la forza per prevalere sulle resistenze corporative, che costituiscono il principale ostacolo a un’economia più dinamica e più giusta”.

“Se continueremo a riconoscere la sua importanza la concorrenza - come ha sempre fatto - darà libero corso alle energie dei cittadini e garantirà la loro prosperità”, afferma London nelle conclusioni di questo saggio rivolto alla business community, ma pienamente accessibile anche al vasto pubblico dei ‘non addetti ai lavori’ grazie alla chiarezza del linguaggio e dell’esposizione degli argomenti trattati.

Paul A. London
Concorrenza - Il segreto bipartisan della prosperità americana
Università Bocconi editore, Milano, 2006
296 pagine, 24 euro

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