 È il disegno come "zona originaria dell'improvvisazione psichica" il motore della mostra che la Fondazione Mazzotta dedica a Paul Klee. Molte linee, colori dosatissimi, e soprattutto esplosioni immaginifiche; atmosfere densamente oniriche si popolano nel cono di una luce sferzante, contigua all'ironia raggelata di Daumier. E ancora, incontri ravvicinati con demoni per lo più alati, secondo un asse che dallo spirito decadente conduce ad approdi espressionisti; notturni che su spartiti beethoveniani si specchiano al chiaro di luna; appalesamenti fra prosceni e teatri magici di clown, bamboline e animali mitologici. Echi mozartiani a far da contraltare ai passaggi che dal modello riconducono all'archetipo, passando per una vena satirica che è filtro e scandaglio dei temuti lati oscuri della vita e della mente. Così spiega lo stesso Klee il suo "astratto dei ricordi", capace - in perfetta linea col mood d'astrazione - di inglobare frammenti di natura e del mondo circostante: è la mia «astrazione del transitorio. Il soggetto era il mondo, seppure non questo mondo visibile», anche perché «nell'arte non è essenziale vedere quanto rendere visibile». Emblematico l'esempio di Con lampada a gas, 1915 che in un giuoco di triangoli sospesi ha la mezzaluna come simbolo delle luminescenze della fonte artificiale di luce.
Un connubio quello fra astrazione e elementi reali sovente venato dalla chiave umoristica e ironica, senza che questa si trasformi mai in velo, facendosi anzi chiave di lettura fra gli anfratti reconditi della mente e della vita. Reconditi della mente che evidentemente trovano nella notte il luogo privilegiato di manifestazione, con il buio a favorire l'introspezione, e l'oscurità - deviata dai bagliori lunari - a scomporre le forme. Una poetica la sua in perfetta linea con l'aspirazione dell'artista ad essere "illustratore di idee".
La mostra curata da Tulliola Sparagnini punta a svolgere l'asse tra "l'astrazione come linguaggio e il fantastico come suggestione per il nascosto e il non terreno", attingendo e presentando anche i precedenti di Max Klinger, Alfred Kubin e Goya, in perfetta sintonia con la vocazione della Fondazione Mazzotta per il fantastico e la grafica innanzitutto.
Ad emergere chiaramente dalla mostra è la concezione estetica dell'autore che considerava la bellezza come non disgiungibile dall'arte; un'arte però che "non si riferisce al soggetto ma alla rappresentazione figurativa. In nessun altro modo l'arte riesce infatti a dominare il brutto senza evitarlo", e in ciò contestando pienamente l'assunto espresso da Klinger in "Pittura e disegno", secondo cui "in arte soltanto un bel soggetto può essere ammesso".
Con Testa minacciosa del 1905 Klee da sfogo - nel cupo - a stati d'animo e pensieri distruttivi, esteriorizzati attraverso "un piccolo demone fortemente negativo" . Scrisse Klee "abito bene con i morti come con i non nati. Sono più vicini al cuore della creazione. Eppure non abbastanza". Al contempo lo stesso autore non intende rinunciare all'aspetto ludico e fantastico, alle reminiscenze e alla creatività prettamente infantili (Bambolina, ), con la passione per il teatro che si confonde nell'io (il Comico, 1904, autoritratto e maschera dell'artista stesso). Negli ultimi anni, segnati dalla guerra, dall'esilio in Svizzera e dalla malattia, il segno dei suoi paesaggi si fa più spesso e tragico, la rappresentazione - di giardini, ancora in notturna - angosciosa (Paesaggio notturno, 1937, Un parco la sera tardi, 1940). La storia europea incombe, dal 1933 Klee ha lasciato la Germania nazista e le sue opere sono state estromesse dai musei tedeschi. E valga questo capitolo tematico, riassunto da In Dekung del 1937, a giustificare la scelta della curatrice che privilegia il percorso contenutistico a discapito del cronologico.
Paul Klee. Teatro magico,
Milano, fino al 29 aprile 2007, Fondazione Antonio Mazzotta, catalogo Mazzotta.
www.mazzotta.it
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