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A Vienna lo stile di vita di “Herr Biedermeier”

di Giovanna Canzi

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16 febbraio 2007

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Trait d’union fra Settecento e Novecento e punto di rottura fra Classicismo e Modernismo, il Biedermeier, primo e assoluto esempio di design, è oggi celebrato da una grande esposizione, ospitata dall’Albertina di Vienna. Ben 450 oggetti, da ammirare fino al 13 maggio, raccontano uno stile di vita che - come recita il titolo della mostra “Biedermeier: l’invenzione della semplicità” - si impose per le sue superfici lisce, le proporzioni massicce, le linee sobrie di un vivere quotidiano lontano dagli orpelli esasperati del precedente Stile Impero. Tradizionalmente considerato come l’espressione di una classe borghese, che al difficile clima politico della Restaurazione, reagiva rifugiandosi fra le accoglienti mura domestiche, lo stile Biedermeier è oggi interpretato - grazie a numerosi studi, che hanno preceduto la rassegna viennese - come un movimento non estraneo alla nobiltà di fine Settecento e nel contempo fonte di ispirazione per le future Wiener Werkstätte, officine artigianali viennesi, nate nel 1903 su impulso di Koloman Moser e Joseph Hoffman. La mostra, realizzata in collaborazione con il Milwaukee Art Museum (precedente tappa dell’esposizione itinerante), il Deutsches Historisches Museum di Berlino (dove andrà a giugno), e il Museo del Louvre (dove sarà in ottobre), ha, infatti, il merito di riflettere sul movimento, inserendolo in un contesto cronologico più ampio. Scorporato dalla rigida griglia, che lo vede nascere nel 1815, successivamente al Congresso di Vienna, e morire dopo il 1848, il Biedermeier assume un valore e una dimensione di maggiore respiro. A quello stile, che prese il nome dalla fusione di due termini -“Bieder” semplice, sempliciotto, ma anche integro, onesto e “Meier”, uno dei cognomi tedeschi più diffusi - e che divenne successivamente l’emblema della borghesia, non furono, dunque, estranee a inizio Ottocento anche le casate aristocratiche bavaresi, prussiane, danesi. Sappiamo, infatti, che l’arciduca Carlo utilizzò mobili di Joseph Ulrich Danhauser (uno dei principali maestri del movimento) per il suo palazzo di Vienna nel 1822 e che la principessa Sofia volle mobili “all’ultima moda” per il salotto della residenza di campagna di Laxenburg. Linee pure ed essenziali anche per arredare residenze sontuose, prima di divenire appannaggio esclusivo di abitazioni di più modeste aspirazioni, proprie di una classe sociale spaventata dal clima politico e sociale del tempo e intenta a preservare il proprio equilibrio nell’intimità domestica. Pensando alla vita di “Herr Biedermeier” è, dunque, calzante la definizione offerta da Mario Praz: “al classicismo romano e guerriero con i suoi archi e le sue colonne trionfali, sottentrava dappertutto il Biedermeier, quel classicismo in tono minore, tutto buon senso e buon costume, domestiche gioie e culto di una natura pettinata e gentile, ossequio ai sani principi, idilliaca serenità contemplativa con, di tanto in tanto, qualche leggera nube d’un sogno soave e forse un po’mesto”. Mobili, sedute, argenterie volte a rendere accogliente e intima qualsiasi casa, ma anche oggetti che nella loro razionale semplicità diedero i natali alle più semplificate forme del movimento Arts and Crafts e gettarono i semi per le successive creazioni, che l’architetto e designer Hoffmann realizzò a partire da fine Ottocento. Con la loro ri-edizione all’inizio del Novecento, poi, i mobili Biedermeier rappresentarono un progressivo passaggio dalle forme di avanguardia dello Jugendstil (nato in Germania a fine Ottocento) a un tipo di design più universalmente riconosciuto. Un filo diretto, dunque, che lega idealmente inizio Ottocento e primo Novecento si snoda nel percorso espositivo della mostra viennese, dove vanno in scena i mobili più rappresentativi del movimento. Fra i protagonisti indiscussi il “secrétaire”, pezzo principe di ogni arredamento, realizzato nelle essenze più preziose - noce, ciliegio, mogano - e disegnato nelle forme più bizzarre: a lira, a vaso, a botte. Cuori, ventagli, mongolfiere, archi, volute, scimitarre, occhi di gatto, colli d’anatra e di cigno… sono solo alcune delle forme sfrenate e dei modelli, con cui gli artisti del tempo si dilettarono nel dare vita alle più diverse sedute, senza dimenticare che proprio in quel tempo va collocata la nascita della celebre Thonet, per opera dell’omonimo artista - Michael Thonet -, che inventò la famosissima sedia in faggio ricurvo. E ancora la galleria di oggetti continua spaziando dall’argenteria ai tessuti, dai vetri ai cassettoni, fino ad alcune tele di pittori come Christofer Wilhem Eckersberg, Erasmus von Engert, Caspar David Friedrich, Karl Friedrich Schinkel e Friedrich von Amerling.

“Biedermeier: l’invenzione della semplicità”
Fino al 13 maggio 2007
Albertina, Albertinaplatz 1; Vienna
www.albertina.at

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