Ottant'anni di vita, quaranta dall'uscita del suo capolavoro "Cent'anni di solitudine" e venticinque dal premio Nobel, ricevuto nel 1982.
Il 2007 è senza dubbio l'anno di Gabriel Garcia Marquez. Ma oggi è un giorno speciale. Lo scrittore colombiano è nato infatti il 6 marzo 1927 a Aracataca, allora piccolo e polveroso villaggio colombiano affacciato sul Mar dei Caraibi, oggi una cittadina che da sabato scorso festeggia il suo più celebre cittadino con canti, balli, colpi di cannone e un murales di dieci metri per tre. E spera, prima o poi, in un suo ritorno.
Ma le celebrazioni per le otto decadi di uno dei maggiori, forse il maggiore scrittore latinoamericano vivente non si limitano solo al suo paese natale, dove per altro Gabo, come è notoriamente soprannominato, non vive più da tempo, bensì in Messico.
Secondo il quotidiano messicano "El Universal" Gabo trascorre il giorno del suo compleanno a Cuba, dove si reca ogni anno in visita ed è amico di Fidel Castro.
Ieri a Madrid la Casa de America ha organizzato una lettura completa di "Cento anni di solitudine", durata venti ore, alla quale hanno partecipato più di ottanta personalità e inaugurata dalla vice-presidente del governo spagnolo Maria Teresa Fernandez de la Vega.
Gli omaggi continueranno alla fine del mese nella città colombiana di Cartagena dove il Festival Internacional de Cine y Television vedrà riunire vari registi che hanno portato sullo schermo opere di Garcia Marquez.
Lo scrittore a inizio carriera fu anche critico cinematografico per il quotidiano colombiano "El Espectador". Il cinema è anzi stata la sua eterna passione, «un matrimonio difficile» lo ha definito «non posso vivere né con il cinema né senza». Sono quasi quaranta le pellicole tratte dai suoi libri e altre ne stanno per arrivare.
Ma è con il romanzo che Garcia Marquez introduce un elemento di forte originalità del panorama letterario sudamericano, dando risalto al cosiddetto "realismo magico" che, secondo molti, ha influenzato il modo stesso di pensare la letteratura latinoamericana.
Il suo collega colombiano Alvaro Mutis, amico dei primi anni, e oggi suo vicino di casa in Messico, ricorda di aver assistito alla gestazione quotidiana di Cento anni di solitudine «una storia incantevole alla quale pensavo tutto il giorno».
L'editore di quel tempo, l'argentino Francisco Porrua, ricorda di aver trovato «assolutamente originale» il testo del giovane colombiano e di aver deciso di pubblicarlo «leggendo solo le prime righe», come scrive oggi "El Espectador". Il romanzo ha venduto più di 30 milioni di copie da allora. E proprio la sua maniera esemplare di "cominciare" i testi lo ha reso celebre nella sua "altra" professione, quella del giornalista, alla quale ha dedicato molti anni e libri famosi come "Notizia di un sequestro".
I reportage si sono alternati a grandi romanzi come "L'autunno del patriarca", "L'amore ai tempi del colera", "Il generale nel suo labirinto", "Cronaca di una morte annunciata", oltre a varie raccolte di racconti, come quelli "Raminghi".
Un successo inossidabile, quello del colombiano e che ha resistito al trascorrere del tempo. Anche il suo più recente romanzo, del 2004, "Memoria delle mie puttane tristi", il cui titolo ha fatto sobbalzare i bigotti, ha venduto più di un milione di copie nel mondo. E in alcuni Paesi, come in Brasile, è rimasto un anno in classifica.
Secondo lo scrittore messicano Jorge Volpi, «Garcia Marquez e Jorge Luis Borges sono i due scrittori più influenti in lingua spagnola della seconda metà del XX Secolo». La fama e il prestigio non lo hanno però allontanato dalla passione per il giornalismo.