Un saggio, un pamphlet, un blog. Una ricerca, una provocazione, un dibattito aperto. "La zona grigia", esordio letterario del giornalista siciliano Nino Amadore, è tutte queste cose insieme. Ma, soprattutto, rappresenta il coraggioso tentativo di fare finalmente luce su un tema poco frequentato dalla saggistica italiana contemporanea: il rapporto tra organizzazioni mafiose e professionisti.
L'immagine "coppola e lupara" della mafia, alimentata da tanto cinema e decenni di televisione (buona e meno buona), da tempo non esprime la realtà dei fatti. Cosa nostra, che pure trovò nel Secolo scorso terreno fertile nelle campagne siciliane, segue dinamiche affini a quelle della finanza internazionale. A fornire ai cosiddetti uomini d'onore il "know how" per intraprendere spregiudicate operazioni di investimento oltre confine, per ripulire denaro sporco proveniente dal traffico di stupefacenti o dal racket e, più semplicemente, per "oliare" pratiche che rischiano di arenarsi nei tortuosi meccanismi della burocrazia servono commercialisti, avvocati, tecnici dei lavori pubblici. Talvolta, se proprio c'è da ottenere provvedimenti compiacenti, possono venire utili anche medici e magistrati. L'assunto è ben noto ai giudici antimafia che in più di un'occasione, a quanto si apprende da "La zona grigia", hanno sottolineato il problema. Non è del resto cosa rara, in regioni come Sicilia, Campania, Calabria e Puglia, vedere professionisti inquisiti del reato di associazione esterna di stampo mafioso. Quando accade, gli Ordini professionali attivi sul territorio tendenzialmente manifestano solidarietà agli inquisiti: più che essere garantisti e al contempo censurare ogni possibile abuso, fanno acriticamente quadrato. D'altra parte «la mafia – scrive Amadore - chiede favori ma li fa anche e così crea una norma non scritta di governo del territorio, un controllo che non usa le armi. Di questo sono responsabili quei commercialisti che non chiedono la fedina penale ai loro clienti. Di questo sono responsabili certi avvocati. Su questo dovrebbero riflettere gli Ordini professionali. E non lo fanno. Almeno pubblicamente». Il libro traccia così il profilo di alcuni dei più noti "professionisti di mafia", siano essi già oggetto di condanne passate in giudicato o ancora al centro di inchieste delle Direzioni distrettuali siciliane. Ci sono esperti di finanza internazionale che forniscono consulenza sul riciclaggio "creativo". Va a finire così che la mafia siciliana investa all'estero sulle risorse energetiche, considerato dagli addetti ai lavori il business del futuro. Non mancano medici pronti a fornire diagnosi e perizie su commessa. La tradizione dei camici bianchi più o meno direttamente affiliati a Cosa nostra, d'altra parte, è antica e risale addirittura a Michele Navarra, "'u Patri nostru'" dei corleonesi sotto la cui reggenza mossero i primi passi i vari Luciano Liggio, Totò Riina e Bernardo Provenzano. Ci sono molti funzionari di pubbliche amministrazioni, decisivi per l'ottenimento di favoritismi. E i favoritismi sono tutto, a fronte di un sistema amministrativo ingessato dalla burocrazia. Amadore passa sulle carte processuali con grande consapevolezza e ne restituisce i fatti attraverso una scrittura felice. Un discorso a parte merita il capitolo "Il guru italiano dell'offshore", contenente una brillante intervista a Giovanni Caporaso, raro conoscitore di paradisi fiscali che vive tra Carabi e Sud America. Idea di fondo dell'opera, che si acquista on line sul sito di "Lulu", è dichiaratamente quella di gettare un "sasso nello stagno", suscitare la replica di professionisti e ordini presi di mira, aprire un dibattito su un tema complesso quanto attuale. Un dibattito che troverà spazio sul blog "Storie di mafia", ideato dall'autore.
Nino Amadore
"La zona grigia. Professionisti al servizio della mafia"
Edizione Lulu
Euro 16
pp. 126