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Libri/ Storia e mitologia sulla lunga marcia del "Sgt. Pepper"

di Francesco Prisco

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20 aprile 2007

È ancora possibile scrivere qualcosa di originale, accattivante, curioso, in una parola "nuovo" sull'album rock più grande, celebre e celebrato di tutti i tempi? Fino a qualche settimana fa nutrivamo seri dubbi a riguardo. Poi abbiamo letto "Sgt. Pepper – La vera storia", tomo di 192 pagine con il quale la Giunti celebra il quarantesimo anniversario della pubblicazione del capolavoro psichedelico dei Beatles, e siamo stati felici di sentirci smentiti dall'ottimo lavoro di Riccardo Bertoncelli e Franco Zanetti.
Nonostante si sappia praticamente tutto dell'avventurosa storia che portò alla pubblicazione di "Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band", l'opera in libreria da pochi giorni riesce a parlare con la stessa freschezza ai beatlesiani militanti e al popolo di Mtv, a chi in quella magica "estate dell'amore" del 1967 c'era, a chi non c'era ma avrebbe voluto esserci, a chi pur essendoci non si accorse di nulla. O quasi. Il libro è personalissimo (Bertoncelli e Zanetti, come pure il chitarrista degli Stormy Six Franco Fabbri nella prefazione, ci dicono dov'erano quando uscì il "Sgt. Pepper"), "leggero" nel senso nietzescheano del termine fino alla divertita autoironia. Gli autori ricostruiscono il clima di fermento culturale nel quale maturò quel disco, voluto innanzitutto dalla instancabile curiosità sperimentale del ventiquattrenne Paul McCartney, cui in diversa misura ma con lo stesso tocco sapiente seppero offrire il loro contributo un John Lennon prolifico perché in crisi esistenziale (e matrimoniale), un George Harrison già in preda alla mitologia Hindu e un Ringo Starr che non disdegnava di scordare le pelli dei tamburi creando, di fatto, un altro marchio di fabbrica della premiata ditta beatlesiana. Per non parlare delle gesta del produttore George Martin, l'unico per il quale sia spendibile il titolo di "quinto Beatle". Uno che, dietro la consolle insieme con il fidato tecnico del suono Geoff Emerick, ebbe il complicato compito di tradurre in musica le intuizioni lisergiche dei Fab Four (come quando Lennon, per "Good morning, good morning", chiese il «suono di animali in fuga», ciascuno dei quali cercasse di «divorare quello che lo precedeva»). Di "Sgt. Pepper" Bertoncelli e Zanetti rendono bene la storia e la mitologia. C'è l'analisi puntuale delle canzoni e una dissertazione scientifica sulla celeberrima copertina, firmata dall'artista Pop Peter Blake. C'è il resoconto dettagliato della leggenda metropolitana sulla morte di Paul e ci sono le innumerevoli rivisitazioni che i tredici pezzi dell'album ma anche i motivi del packaging hanno subito in questi quarant'anni. Ci sono rare foto d'epoca e memorabilia degni di nota. Cosa accadesse in Italia nei giorni del "Sgt. Pepper" ce lo spiega l'ultimo capitolo, probabilmente il più riuscito. Si scopre che il grande concorrente, in termini di vendite, era "Sabato sera" di Mina, che Rita Pavone scalpitasse per la copertina gadget e che Beniamino Di Giacomo, in forza al Mantova, con il classico gol dell'ex scuciva lo scudetto dalle maglie dell'Inter e lo serviva su un piatto d'argento alla Juventus di Heriberto Herrera. L'1 giugno 1967, constatano in tono semiserio Bertoncelli e Zanetti al termine del libro, «nasce il Sgt. Pepper e muore la grande Inter. Vorrà dire qualcosa?».

Riccardo Bertoncelli, Franco Zanetti
"Sgt. Pepper. La vera storia"
Giunti
Euro 14,50
pp. 192

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