Rigoberto Aguyar Montiel, anarchico, rivoluzionario, nato da un sorprendente miscuglio di razze, nella sua lunga vita sposa, quasi sempre, le cause perse. E' un personaggio accattivante, proprio per il suo anticonformismo e per l'indomito spirito ribelle. Il protagonista del libro E' finito il nostro carnevale di Fabio Stassi diviene, così, subito amico e compagno. Fin dalle prime pagine, ci contagia con la sua insofferenza verso l'ordine costituito e le sue idee strampalate da sognatore bohemien. La sua antipatia per i regimi autoritari, fondendosi con il suo amore per il pallone, lo spinge a pensare che si potrebbe fare una squadra di calcio "con i dittatori che gli Stati Uniti hanno appoggiato negli ultimi cinquant'anni". Un'improbabile formazione con Papadopoulos che gioca al fianco di Pinochet, che il protagonista immagina di sfidare... Già, perché in fondo " la politica c'entra sempre". E allora, rubare la coppa Rimet diventa " uno sberleffo planetario alla dittatura, un richiamo romantico alla resistenza".
L'idea del furto del leggendario trofeo spinge Rigoberto a spostarsi continuamente per il mondo, inseguendo la "diosa de la victoria", simbolo di tutte le speranze perdute. Nella sua ricerca, in verità, rincorre anche Consuelo, la donna di cui si era innamorato negli anni '20 a Parigi. Sparita nel laboratorio di un orafo nella capitale francese, la ragazza fa ormai letteralmente "parte" della statua, che conserva le sue fattezze.
Nelle vesti di cronista sportivo e, alla fine, di allenatore ombra del Brasile, il protagonista attraversa quasi un secolo di storia. E questi cento anni li racconta, filtrati attraverso la passione per il football. Una trovata interessante e originale, per molti versi riuscita.
Quello che, invece, non funziona altrettanto bene è l'incredibile miscuglio di personaggi storici e letterari, di artisti e di capi di stato che Rigoberto incontra e che rischiano di fare finire alcune pagine nel ridicolo. Il protagonista, infatti, è amico di Hemingway, di Django Reinhardt, condivide una stanza con George Orwell, trascorre una notte a parlare con Fidel Castro, si guadagna la fiducia di Che Guevara, viene portato al cospetto di Adolf Hitler in persona... Senza contare che il nonno era l'attendente di Garibaldi, i padre di Zapata e così via. Un po' troppo per chiunque, insomma. Da questo punto di vista, Stassi forza decisamente la mano.
Anche la dimensione picaresca della vita di Rigoberto, che pure è un elemento importante e azzeccato del racconto, alla fine è troppo spinta. Rimane un personaggio che si muove di continuo tra l'europa e il sudamerica, che guida la nazionale brasiliana da dietro le quinte, che combatte nelle rivoluzioni un po' dappertutto e che assume, così, dei toni un po' da fumetto.
Il libro inizia e finisce il 31 dicembre del 1999. Il vecchio anarchico si trova nella base antartica Amundsen Scott, all'estremo sud del mondo. Qui incontra una giornalista e le racconta la sua straordinaria storia, la grande impresa del furto della coppa Rimet e, di conseguenza, di tutta la sua vita.
Fabio Stassi, che come ha dichiarato scrive sui treni, narra tutto questo con uno stile asciutto e un buon ritmo, che permettono al lettore di leggere d'un fiato le 249 pagine del libro. Un romanzo che è una rincorsa verso le utopie, gli ideali di un secolo, racchiusi nell'anima di un uomo. Al punto che Rigoberto arriverà a dire " mi rendo conto che per tutta la vita non ho tentato altro che di fare l'amore con i sogni". Forse il carnevale che è finito negli anni settanta era davvero quello di tutti, non solo il suo.
E' finito il nostro carnevale.
Fabio Stassi.
minimum fax, 249 pagine.
12,50 euro.