‘Un paese in tilt'. Soffocato dall'antipolitica e da un "bipolarismo muscolare" che sconfina "in un dualismo personalistico fra Romano Prodi e Silvio Berlusconi". Strangolato dagli interessi delle lobby e dallo strapotere delle banche. Imbarbarito da un "divaricarsi dei doveri rispetto ai diritti". Bloccato da una classe dirigente che non sa uscire dai conflitti e che anche per questo non ha più risposte da dare. È il ritratto impietoso del Belpaese che emerge da ‘Intervista su politica e affari', una chiacchierata a 360 gradi sui mali del paese fra il giornalista del Corriere della Sera, Sergio Rizzo, e il parlamentare Udc (componente della commissione Bilancio della Camera), Bruno Tabacci, che negli anni ottanta ha diretto l'Ufficio studi del Ministero dell'Industria con Giovanni Marcora e, successivamente, la segreteria tecnica del ministero del Tesoro con Giovanni Goria.
Questione morale e superamento del conflitto d'interesse
Un'analisi lucida, quella di Tabacci, quanto puntuale. Così come puntuali appaiono le domande che Rizzo rivolge al parlamentare Udc, uomo dell'area politica del centrodestra, ma considerato da Berlusconi "una spina nel fianco". Domande mai banali. Persino scomode, come quelle che riguardano le vicende di Tangentopoli - che hanno visto coinvolto l'allora parlamentare dc - o i rapporti fra Tabacci e il patron di Parmalat, Calisto Tanzi.
Un'intervista che si legge d'un fiato e che regala spunti importanti e meritevoli di un successivo approfondimento.
Diciotto capitoletti che affrontano i principali temi dell'agenda politico-economica: le privatizzazioni all'italiana, la fortuna dei petrolieri - resa anche possibile dall'incentivazione degli scarti di raffineria "soprattutto negli anni in cui il barile costava molto meno di oggi" - ‘le bollette più care del mondo' - conseguenti ad una politica energetica sbagliata che ha abbandonato il nucleare e che si trova ora schiacciata fra petrolio e gas – ‘la guerra per banche' e le ‘vacche da mungere' a fini elettorali (come l'Alitalia, che negli ultimi dieci anni è costata allo Stato "qualcosa come tre miliardi di euro"), il grande intreccio fra politica, banche e impresa.
Per "rimettere assieme i cocci di un paese in tilt", l'ex presidente della Regione Lombardia (fra l'87 e l'89), nonché parlamentare Dc nella XI legislatura (1992-1994) e Udc nella XIV (dove ha ricoperto l'incarico di presidente della Commissione Attività produttive, commercio e turismo), sostiene la necessità di rimescolare le carte della politica costruendo un "governo di ampie coalizioni che tagli le ali estreme", così come è stato fatto in Germania. Un governo capace di imporre una "nuova questione morale" che risolva una volta per tutte il conflitto d'interesse: "penso che ci debba essere una separazione netta fra attività politica e professionale. Chi siede in Parlamento può fare solo il parlamentare, altrimenti se ne va", dice lapidario Tabacci.
Per il politico, un tempo delfino di Marcora, serve insomma una "ricostruzione morale profonda" nella consapevolezza che "questo paese non si salva mettendo insieme l'elenco dei diritti, ma ridefinendo al meglio il senso dei nostri doveri".
(Bruno Tabacci, ‘Intervista su politica effari', a cura di Sergio Rizzo, Laterza, pagg 136 – euro 10,00)