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Libri/Le stragi nazifasciste in Italia

di Pino Fondati

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22 giugno 2007

A Cumiana, piccolo paese del torinese, posto sulle prime propaggini delle Alpi Cozie, non era mai avvenuto nulla. La grande storia si presenta all'improvviso il 3 aprile del 1944 e si ferma il tempo necessario per una strage: mentre le case del paese bruciano, 51 dei suoi abitanti maschi (il più giovane ha 14 anni, il più anziano è un contadino di 63) vengono fucilati per rappresaglia da militi delle SS italiane comandati da ufficiali e sottufficiali tedeschi. Quando, subito dopo la "storia" se ne va, non c'è famiglia a Cumiana che non abbia subito un lutto, o non si ritrovi con la casa distrutta. Cumiana sta lì, con Marzabotto, Sant'Anna di Stazzema, Caiazzo, Boves, Benedicta, Guardistallo, Fosse Ardeatine, e tante altre località, a disegnare la geografia delle stragi compiute tra il 1943 e il 1945 dalle truppe di occupazione germaniche e i fascisti della Repubblica di Salò.
Crimini efferati, che portarono all'eliminazione di oltre diecimila civili, alla deportazione di più di settemila ebrei italiani, senza contare le centinaia di paesi incendiati e le razzie d'ogni genere. In quei venti mesi vennero massacrati dai tedeschi e dai repubblichini non solo partigiani e prigionieri di guerra, ma anche vecchi, donne, bambini con una furia razzista e vendicativa indicibili. Un nome tra quei diecimila: Guido Gianfranco, neonato di appena 1 mese, ucciso PER RAPPRESAGLIA nei pressi di Roccaraso insieme ad altre 127 vittime innocenti.
Negli ultimi tempi si è molto parlato della "resa dei conti" della primavera 1945, condotta con esecuzioni sommarie e improvvisati tribunali del popolo; un contributo necessario per rompere il silenzio di certa storiografia. Ma la domanda è d'obbligo: che cosa c'è stato prima di quegli eventi? che cosa li ha resi possibili? Ripercorrendo le pagine più dolorose della storia nazionale, Oliva ricostruisce la logica degli eccidi nazifascisti, analizza gli apparati repressivi dell'amministrazione militare tedesca e della Repubblica sociale, si sofferma sulle vicende meno note della Banda Koch, della Banda Carità, dell'Ispettorato speciale di Pubblica sicurezza della Venezia Giulia, racconta le stragi delle Fosse Ardeatine, di Sant'Anna di Stazzema, di Marzabotto. Emerge così il quadro esasperato di un territorio attraversato dal furore della guerra tradizionale e dall'orrore della guerra civile.
Come ricorda Nuto Revelli, il terrore contro i civili era un sistema che i tedeschi usavano dovunque. La strage nasceva dalle contingenze, così come le sue dimensioni numeriche: otto, trentacinque, cinquantuno, così a caso. Ma il disegno strategico era ben preciso, teorizzato dagli alti comandi della Wehrmacht già prima del 1940: il terrore sistematico come strumento centrale della politica di occupazione, l'efferatezza nella repressione, la spettacolarizzazione delle esecuzioni, le devastazioni e le razzie su vasta scala, le deportazioni di civili. Un progetto mirato a deprimere/reprimere le popolazioni sotto il peso della paura e della fame per spezzarne i legami con la resistenza armata. Il libro di Oliva cerca di ricordare quello che sembra caduto nel dimenticatoio, e che nel dimenticatoio non deve stare: a forza di parlare dei fascisti "vittime di vendetta" dopo il 25 aprile, si stanno dimenticando tutti quelli che del fascismo e del nazismo sono stati vittime prima del 25 aprile 1945. Perché il rischio, secondo Oliva, è che i vinti siano trasformati in perseguitati e i vincitori in persecutori. Il libro di Oliva cerca di colmare questa lacuna, alla ricerca dei percorsi di una violenza che colpisce l'insieme della comunità e dalla quale germinarono le reazioni drammatiche della primavera del '45. Un "prima" che non assolve il "dopo", ma che è indispensabile per capire comportamenti e attitudini di massa altrimenti inspiegabili: le madri che con i figli in braccio vanno in massa nel centro di Torino ad assistere all'impiccagione del federale Solaro; la fiumana di cittadini milanesi di ogni età e ceto che va a Piazzale Loreto (dove un anno prima erano stato impiccati dieci partigiani) per dileggiare il corpo di Mussolini; i tanti che vanno a caccia del fascista spia dei tedeschi che ha mandato a morte i loro congiunti; i tanti che insultano spie e collaborazionisti fatti sfilare nei paesi con le teste rasate e i cartelli d'infamia appesi al collo. E le vedove e le madri dei caduti di Cumiana che, dopo la guerra, linciano l'ex podestà del paese, dopo averlo scovato nel suo rifugio torinese.

L'ombra nera. Le stragi nazifasciste che non ricordiamo più
di Gianni Oliva
Mondadori, Collana Le Scie, 2007
223 pagine, 18 euro

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