Pilastro della pittura fiamminga, archetipo del barocco europeo, prototipo degli artisti cortigiani, pennello d'assalto della Controriforma: pochi pittori hanno collezionato tanti titoli, positivi e no, come Pieter Paul Rubens (1577-1640). E pochi hanno firmato tante opere come lui: i suoi dipinti (ritratti di nobildonne e scene epiche, ninfe nude e martìri di santi) sono sparsi in chiese, palazzi e musei di circa 30 città del mondo; solo il Palazzo del Lussemburgo a Parigi ne conta 24, tutti dedicati a Maria de' Medici, madre del re Luigi XIII.
Quanti quadri dipinse Rubens? Impossibile dirlo, perché molte delle "sue" opere furono in realtà realizzate da altri. Non che al pittore fiammingo sia toccato il destino di De Chirico, il più falsificato pittore dei nostri tempi: la realtà è che Pieter Paul si circondò di decine di collaboratori e allievi, a cui appaltò l'esecuzione di gran parte dei suoi quadri. Lui procurava le commesse, formulava l'idea di base, disegnava i bozzetti su dei cartoni; ma i pennelli li usavano i suoi vice. Fu un grande artista, certo; ma fu soprattutto un abile impresario.
Con queste premesse, di grande interesse risulta una mostra allestita al Musei reali di belle arti di Bruxelles: "Rubens, l'atelier del genio". Il titolo è eloquente: l'esposizione si propone di illustrare non tanto la figura di Pieter Paul quanto i modi di produzione della sua arte. Che ebbe per padre un genio e per madre una vera e propria ditta (l'"atelier"). Sede dell'impresa: Anversa. Anni di attività: 1614-1640, quelli della maturità del "direttore". Santi patroni: il borgomastro Nicolas Rockox e Alberto d'Asburgo, arciduca delle Fiandre del Sud.
Perno della mostra sono 50 opere firmate Rubens, tutte di proprietà dei Musei reali (fra cui l'"Adorazione dei Magi", la "Caduta di Icaro" e il "Martirio di S.Orsola"), affiancate da altre 70 che aiutano a contestualizzare le prime. Tra gli artisti "di contorno" spiccano i nomi di Jan Bruegel il Vecchio ("Natura morta con ghirlanda di fiori e coppa"), Antoon Van Dick (ritratti vari) e Cornelis de Vos ("Autoritratto di famiglia"). Il primo fu socio di Pieter Paul, gli altri due allievi. Van Dick, nato e formato ad Anversa, fece poi una brillante carriera a Londra.
L'idea di affiancare a un maestro d'arte una bottega non era certo inedita: nell'Italia del Medio Evo e del Rinascimento se ne era fatto ampio uso. E proprio in Italia (dove soggiornò per otto anni fra Venezia, Mantova e Roma) Pieter Paul prese ispirazione per il suo atelier, prendendo a modello Raffaello, Tiziano e Michelangelo non solo per le tecniche artistiche, ma anche per i modi di lavorare. Poi però, una volta tornato al Nord, perfezionò l'idea, trasformando il modello artigianale italiano in una vera e propria media industria.
In concreto, ciò vuol dire che spesso i dipinti "di Rubens" erano frutto di una sorta di catena di montaggio, dove i vari artisti dello studio davano un contributo specializzato, secondo un preciso mansionario. I volti dei personaggi importanti, per esempio, erano affidati a Van Dick. Invece Bruegel interveniva dove c'erano da dipingere fiori o frutti. E un altro collaboratore famoso, Jan Wildens, fino al 1620 si occupò dei paesaggi. Un reparto speciale, poi, era quello degli incisori, in tutto sette, di cui uno (Christoffel Jeger) solo per il legno.
Fu questo lavoro di équipe che permise a Rubens di inondare l'Europa di dipinti: un uomo solo, o circondato da semplici allievi, non ce l'avrebbe mai fatta. Anche perché la richiesta non mancava: proprio in quei decenni, la Chiesa della Controriforma faceva di tutto per ornare gli altari con pale sontuose, in polemica culturale coi protestanti, che invece spogliavano i luoghi di culto. E sul fronte profano le corti di Francia e Spagna seguivano la tendenza, in dichiarata antitesi con l'austerità luterana dell'altra metà d'Europa.
Del resto, quelli erano tempi di guerre di religione, combattute non solo a suon di pennelli. Rubens lo sapeva bene, perché era nato in Germania da una famiglia protestante olandese, profuga proprio per motivi religiosi. Eppure, nonostante le sue origini, capì subito che un artista doveva stare con chi ordinava le pale d'altare, non con chi le toglieva. Il resto venne di conseguenza: la protezione di Alberto d'Asburgo, signore della parte cattolica delle Fiandre; la creazione della ditta di Anversa; il successo sul mercato dell'arte, sacra e profana.
Così Pieter Paul Rubens, nato pittore, diventò un marchio. E per vezzo, o per scelta di marketing, decise di fingersi italiano, firmandosi costantemente Pietro Paolo, come se fosse nato a Mantova, Venezia o Roma, dove la pittura aveva toccato la perfezione e gli iconoclasti protestanti non avevano mai messo radici.
UN GENIO IN PILLOLE |
Ambasciatore. Rubens ricoprì spesso ruoli diplomatici al servizio delle corti per cui lavorava. Nel 1603 fu incaricato dai Gonzaga di portare in dono dei quadri al re di Spagna, ma per strada un temporale rovinò e tele. Lui le dipinse tutte ex-novo e arrivò a Madrid con le copie.
Esibizionista. Sposato due volte, Pieter Paul ritrasse entrambe le mogli (Elena Fourment e Isabella Brant) senza veli nello stesso quadro ("Le Tre Grazie", oggi al Prado di Madrid). Elena è la donna a sinistra, Isabelle quella al centro. Chi fosse la terza modella, non si sa. Poliglotta. Se l'atelier di Anversa ebbe uno strepitoso successo internazionale, fu anche perché il suo direttore era poliglotta: parlava correntemente tedesco, fiammingo, francese, spagnolo, italiano e (pare) anche veneziano. Inoltre conosceva il latino e il greco antico.
Eccessivo. Per i nudi femminili, Rubens preferiva modelle abbondanti o decisamente grasse; sua è l'unica "Venere al bagno" della storia dell'arte con evidenti segni di cellulite: il quadro fu dipinto nel 1612-1615 e si trova alla Fürstlich Liechtensteinische Gemäldegalerie di Vaduz.
Mercante. Nel 1605 a Roma Caravaggio dipinse una "Morte della Madonna" destinata alla chiesa di S.Maria della Scala, che però rifiutò di esporla perché la modella usata era una prostituta. Fiutando l'affare, Rubens comprò il quadro per una miseria e lo cedette poi ai Gonzaga.
Esentasse. Benché fosse ricco sfondato, negli ultimi trent'anni di vita Rubens non pagò alcuna tassa. Il borgomastro di Anversa gli aveva concesso questo privilegio nel 1610, in segno di gratitudine per il "Ciclo della croce" che l'artista aveva dipinto nella cattedrale della città.
Primatista. Di Rubens (o almeno, attribuita a lui, anche se non univocamente) è l'opera d'arte antica più pagata di tutti i tempi: una "Strage degli innocenti" venduta all'asta il 10 luglio 2002 a Londra da Sotheby's al prezzo di 49,5 milioni di sterline, pari a circa 79 milioni di euro.
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LA MOSTRA IN PRATICA |
Periodo di apertura: dal 14 settembre 2007 al 27 gennaio 2008.
Indirizzo: Musées Royaux des Beaux-Arts de Beligique, rue de la Régence 3, Bruxelles.
Orari: martedì-domenica 10-17, chiusa a Capodanno e il secondo giovedì di gennaio.
Informazioni: tel. 0032-2-5083211, fax 0032-2-5083232, email info@fine-arts-museum.be.
Prenotazioni: obbligatorie per i gruppi, tel. 0032-2-5083333.
Sito internet:http://www.fine-arts-museum.be.
Prezzi: intero 9 €, ridotto 6,5 €. |