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La voce per strumento

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6 settembre 2007

Una musicista il cui strumento era la voce. Questa può essere una delle definizioni migliori per avvicinarsi all'arte di Maria Callas. Una musicista umilissima, al servizio totale del volere del compositore. John Ardoin, che ha curato la pubblicazione delle lezioni che la Callas tenne alla Juilliard School of Music di New York fra l'ottobre del '71 e il marzo del 1972, ricorda che lei soleva ripetere: «In musica siamo tutti studenti, per tutta la vita».

E proprio quelle lezioni sono uno dei principali strumenti per comprendere qualcosa di più di quell'artista assoluta. "Voce multipla", la definisce Giacomo Lauri Volpi nel suo "Voci parallele". Voce multipla, di grande estensione, che le permise di affrontare il repertorio più diverso. Dal soprano wagneriano a tutte quelle opere come Sonnambula e Lucia che prima di lei si soleva riservare ai soprani leggeri, di coloratura. Si soleva a memoria d'uomo, perché Maria Callas ha in realtà ripercorso la strada delle grandi interpreti dell'Ottocento, da Giuditta Pasta e Maria Malibran in poi. Anche se, è lecito il sospetto, con ben altra coscienza musicale. Scatenando dispute sterili fra vociologhi e melomani. Se ne sono dette tante, a cominciare dalle testimonianze sulla particolare configurazione del suo palato.

Quel che è certo è che Maria Callas era dotata di una tecnica stupefacente, cresciuta alla scuola belcantistica del grande soprano spagnolo Elvira de Hidalgo. E chiunque abbia minimamente frequentato i misteri della vocalità umana, sa che ogni voce che eguagli o superi le tre ottave di estensione, lotta con i problemi di omogeneità di colore. Disuguaglianze vocali che comunque si evidenziano solo con l'avanzare della carriera, e che lei sempre riuscirà a piegare al massimo risultato espresso. Così, ingenerosamente, si è voluto storicamente contrapporre due somme artiste come Maria Callas e Renata Tebaldi, che nella morbidezza del suo canto rifulge del colore di una voce assolutamente omogenea, ma più corta di quella della Callas.

Nicola Resigno, ancora nella prefazione all'edizione italiana delle lezioni della Callas alla Juilliard School, scrive parole sacrosante sulla vocalità callasiana: "La Callas è stata spesso accusata di avere tre voci diverse. Un'assurdità! Ne aveva trecento. Ogni ruolo che interpretava aveva una voce particolare, nell'ambito di quel timbro cambiava continuamente colore per esprimere il messaggio del compositore." Rischiando anche, tirando un pianissimo fino a che la nota non sta per spezzarsi, sacrificando il bel suono all'effetto espressivo. In una ricerca assoluta di perfezionismo interpretativo, dall'accento musicale alla gestualità sulla scena, che ha cambiato il teatro d'opera.

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