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La mia idea di Europa e cinque suggerimenti laici

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L'Europa ha conosciuto due profonde lacerazioni spirituali, con le quali, piaccia o non piaccia, bisogna fare i conti. Nel secolo XVI la Riforma protestante e lo strappo della Chiesa anglicana hanno spezzato il legame più forte che
connetteva le diverse genti e le diverse mentalità, quello dell'appartenenza ecclesiale. E nel secolo XVIII la rivoluzione
culturale illuministica, propagandata dalle imprese napoleoniche, ha scavato un solco praticamente incolmabile tra la visione del mondo dei credenti e quella dei non credenti. Senza dubbio si può e si deve auspicare che queste divisioni non si esasperino e non impediscano le giuste collaborazioni, purché il risultato della nostra volontà di concordia e di dialogo non sia alla fine il prevalere dello scetticismo, del relativismo, della totale scristianizzazione. Ma non si può ignorare che tali spaccature di fatto ci sono; e sarebbe irragionevole ritenere che esse siano insignificanti e senza effetti.
Cinque princìpi per un'esse ziale connessione
Così come stanno le cose, crederei che l'atteggiamento più utile e meno utopistico sia ricercare quanto, dell'eredità umanistica e cristiana che è retaggio con divisibile dei nostri popoli, possa essere proposto come un livello minimo di comune filosofia operativa e quasi un'ideale comproprietà morale di tutte le coscienze europee. A questo fine intendo indicare qui cinque princìpi d'indole volutamente "laica": si può sperare che essi siano universalmente accettabili,
tanto da costituire quasi i temi ispiratori propri e caratterizzanti dell'essere e dell'agire della republica europea.
I - Il principio del primato dell'uomo
Il primo principio si riferisce all'uomo, al suo primato sulle cose, alla sua inalienabile dignità. «Credenti e non credenti – nota il Concilio Vaticano II – sono pressapoco concordi nel ritenere che quanto esiste sulla terra deve essere riferito
all'uomo, come a suo centro e a suo vertice... L'uomo ha ragione di ritenersi superiore a tutte le cose, a motivo della sua intelligenza, con cui partecipa della luce della mente di Dio»
(Gaudium et spes, 12.15).
II - Il principio di solidarietà
L'appartenenza di ogni persona e di ogni legittima aggregazione alla stessa necessaria organizzazione sociale – e in ultima analisi alla stessa fami glia umana – fa sì che non si possa mai consentire che un singolo o una comunità per la compresenza di fattori economici e politici sfavorevoli siano privati dei mezzi elementari di decorosa sussistenza. In virtù di questo
principio, lo Stato potrà e dovrà intervenire a salvaguardare l'uomo nelle sue concrete dimensioni di vita individuale, familiare, associativa, anche correggendo le eventuali deviazioni dei comportamenti e sbloccando i meccanismi inceppati (cfr. Centesimus annus, 48). In particolare, la difesa del più debole potrà comportare anche qualche limitazione dell'autonomia delle diverse parti in gioco (cfr. Centesimus annus, 15).
III - Il principio di sussidiarietà
"Una società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità e aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali, in vista del bene comune" (cfr. Centesimus annus, 8).
"Oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le assemblee del corpo sociale ,non già distruggerle e assorbirle.
(cfr.Quadragesimo anno, 5) .
Oggi questo principio è stato scoperto e rivalutato a proposito dei rapporti corretti da istituire tra la Comunità europea e gli Stati membri. Ad esso si appellano anche i comuni e le regioni per rivendicare le loro autonomie (è la cosiddetta "sussidiarietà verticale").
Ma in primo luogo esso va riferito all'intera società civile, e quindi concerne tutte le espressioni aggregative: non solo la famiglia, i gruppi, le associazioni, le realtà territoriali locali, ma anche quelle di tipo economico, culturale, sportivo, ricreativo, professionale, politico, alle quali le persone danno spontaneamente vita, rendendo possibile una effettiva crescita sociale (cfr. Compendio della dottrina sociale della Chiesa, in particolare i numeri 185-188).
IV - Principio della laicità dello Stato
Lo Stato è davvero laico quando non impone a nessuno una particolare concezione filosofica, teologica o culturale, e quando non identifica il suo ordinamento giuridico con le prescrizioni di una determinata aggregazione.Lo Stato moderno non può essere "confessionale" in nessun senso: non in senso religioso; non in senso scientifico o materialistico; non in senso laicistico, se per laicismo si intende – come spesso è dato di riscontrare – una particolare concezione, immanentistica mente o illuministicamente ispirata, che rifiuta i valori della trascendenza o li vuole confinati nel segreto dei cuori.
V - Il principio della libertà effettiva delle persone e delle aggregazioni
La libertà dei singoli cittadini è analiticamente descritta e minuziosamente tutelata dagli articoli 15-28 della Costituzione italiana. Ma è indispensabile che anche alle varie aggregazioni sia garantita la concreta possibilità di esistere con pienezza nell'identità prescelta, sempre nell'ambito del bene comune, nel rispetto della libertà altrui e nella sincera
adesione a questi cinque princìpi.
Laicità e inderogabilità di questi princìpi
Si sarà notato che non ho assegnato a questa necessaria "anima" dell'Europa una connotazione cristiana: in questa "anima", che io qui propongo, convengono con i guadagni culturali del cristianesimo anche gli apporti della grande speculazione del mondo greco-romano, la tradizione dell'ebraismo, la sostanza laica e liberale dell'illuminismo, gli anèliti dei socialismi non tirannici. Basterebbero queste implicite presenze ideali, anche senza la menzione esplicita della
"rivoluzione evangelica" (che non tutti hanno l'intelligenza storica di ammettere come determinante) a dare consistenza ed efficacia a un eventuale "statuto europeo", che possa avviare con razionalità (e con un po'di fortuna)la nuova epoca del nostro continente. Che cosa dire poi di quelli che da altri continenti vogliono entrare in Europa? Non c'è per nessun popolo il "diritto di invasione" nei confronti di un altro popolo: questo va ribadito con chiarezza e senza ambiguità. Tuttavia potranno essere accolte nella Comunità europea – non a caso, ma secondo un disegno elaborato dalla nazione ospitante anche genti di lontana provenienza etnica e culturale, purché plausibilmente non si preveda che esse, col rifiuto delle
sopraddette regole fondamentali, finiscano col costituire un corpo estraneo in questo nascente organismo.
La missione dei cristiani
Quale potrà e dovrà essere l'apporto specifico dei cristiani nella costruzione della nuova Europa? Essi saranno tanto più utili alla causa comune quanto più resteranno se stessi e irradieranno con umile e gioiosa semplicità la luce delle certezze che il Signore nella sua misericordia ha rivelato all'uomo, perché l'esistenza sulla terra fosse sopportabile e ricca di senso.
Naturalmente senza imporre niente a nessuno: le verità cristiane vanno solo annunciate e proposte. Al relativismo scettico, che tutto vanifica e tutto inaridisce, opporranno la forza intrinseca della verità salvifica e la passione per la sua ricerca inesausta.
All'eclissi della ragione risponderanno con l'intelligenza illuminata dalla fede, che ci consente di distinguere l'autenticità dell'essere dalle ideologie, dai sofismi, dal primato dato alle apparenze. Dimostreranno così che si può ancora – e si deve – distinguere il vero dal falso, il bene dal male, ciò che è conforme e ciò che è contrario alla natura non deformabile e non manipolabile dell'uomo. Davanti all'assurdità di un pellegrinaggio terreno che si concluda nel niente, faranno brillare la speranza ragionevole e bella di un destino di vita senza fine. Nel campo più specificamente etico e comportamentale, il mondo cattolico è chiamato a tenere deste e a rendere sempre più beneficamente influenti, entro la comunità di popoli che sta faticosamente compaginandosi, le antiche verità esistenziali insegnateci dal Vangelo circa l'istituto del matrimonio,
la realtà fondamentale della famiglia, il principio della sacralità e del l'intangibilità della vita umana innocente.
Sono temi sui quali nei diversi ambiti e nelle diverse culture europee oggi purtroppo non c'è più concordanza; e dove non c'è concordanza, c'è il pericolo che si approdi al vuoto di un insipiente e disumano libertarismo. Particolarmente su questi temi si determinerà in futuro la rilevanza e addirit tura la sorte della nostra speci fica e irrinuncia bile identità di appartenenti alla "nazione santa"; identità che rischia di stemperarsi e di perdersi nelle nebbie di un incauto irenismo e nel generale dissolversi di ogni solida e sensata antropologia. Appunto impegnandoci con lucido e tranquillo ardi mento in questi campi, potremo offrire il nostro più prezioso con tributo di discepoli del Signore risorto per la sopravvi venza spirituale dell'Europa e per il suo auspicabile sviluppo integrale.
E, da quel che si intravede, non sarà agevole impresa.

(Tratto da Memorie e digressioni di un italiano cardinale di Giacomo Biffi)

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