L'unica cosa che nella vicenda di Caporetto funzionò benissimo fu l'intelligence: i comandi italiani conoscevano in anticipo i piani avversari. Lo si deduce fra l'altro dalle memorie di Angelo Gatti, un colonnello dello staff di Cadorna, discreto scrittore, che il super-generale teneva sempre con sé perché tramandasse ai posteri le sue gesta.
Un giorno prima dell'attacco, Gatti scriveva testualmente nel suo diario: "I disertori e i prigionieri continuano a dire che l'attacco è imminente". E poco oltre aggiungeva: "Le truppe austro-tedesche, dalle attuali posizioni, devono risalire l'Isonzo o passarlo di fronte a Tolmino". L'informazione era stata ottenuta (o strappata?) a un ufficiale avversario, forse romeno, che aveva gettato le armi e si era consegnato agli italiani.
Ma Cadorna non prese sul serio quelle informazioni: "A tavola scherzavamo: quando verrà questa offensiva?" annotò Gatti. Un giorno dopo, l'attacco austro-tedesco sfondò in due località: una era proprio Tolmino. Le "soffiate" dei traditori austriaci e il lavoro dei nostri 007 non erano serviti a nulla.