Lamberto Puggelli, pur in un contesto economico e organizzativo precario, e in un quadro di instabilità normativa la nostra scena dà segni di vitalità, a livello artistico e imprenditoriale. Come spiega il fenomeno, all'apparenza contraddittorio?
Certo che c'è contraddizione. Periodicamente, a cicli anche brevi che si alternano capricciosamente, il "fare teatro", insopprimibile esigenza, spontaneamente dà segni di vitalità e di forza creativa. Al contrario, le istituzioni si muovono nella nostra società in modo lento e corrotto. E purtroppo il pubblico, anch'esso corrotto dalla pseudo-cultura televisiva, affolla i teatri ma non cerca "il Teatro".
Esiste a suo parere una visione assistita del teatro?
Si, certo, ed è un colpevole errore. Perché l'assistenzialismo straccione è esattamente il contrario dell'indispensabile finanziamento a quello che è, indubitabilmente, un servizio pubblico.
Quali sono le possibili vie per il rinnovamento del settore: la ricerca di nuovi mercati, i finanziamenti, le tecnologie, le fusioni, i circuiti teatrali regionali…
Quello che occorre per un vero cambiamento sono fantasia, competenza professionale e passione amatoriale. E soprattutto onestà.
Quali sono i criteri principali che guidano la formazione del cartellone da parte di un teatro? Pesano di più l'autore, l'attore, o..?
Le circostanze.
C'è spazio per la ricerca teatrale in Italia?
Ci potrebbe essere. E ci sono le forze creative. Manca la volontà politica.
C'è qualcosa d'altro che vuol dire, che considera importante...
Mi piacerebbe in futuro conversare alcune ore con lei sul Teatro "necessario", sul Teatro che, almeno un po', aiuti a cambiare il mondo, sul Teatro che contribuisca al mestiere più difficile, quello di vivere.