C'è un filo rosso che lega personaggi in apparenza molto distanti tra loro per esperienze e provenienze culturali, come don Luigi Giussani, Edgar Morin e Alasdair MacIntyre: l'opposizione a una «ritirata» del mondo adulto dalla responsabilità dell'educazione. Ed è per questo che la Facoltà di Scienze della formazione e il dipartimento di Scienze dell'Educazione dell'Università di Torino ha chiamato a raccolta dal 17 al 19 ottobre studiosi ed esperti indicando in queste tre figure «le icone per l'educazione del futuro». Il tutto partendo da alcune constatazioni di grande attualità: il disagio di genitori, insegnanti ed educatori in una società disorientata; il problema di una scuola sempre più di fronte ad alunni svogliati o indifferenti; la crescita di rilevanza di forme di conoscenza veicolate dai grandi media e di inediti "saperi". Preoccupazioni condivise sia dai fautori sia dai detrattori dei tre personaggi indicati come "bussole" dagli organizzatori della tre-giorni.
Concepciòn Naval, curatrice dell'edizione spagnola del libro di don Giussani sull'educazione ("Il rischio educativo") ha spiegato perché il sacerdote milanese ha insistito sul valore della trasmissione culturale e sulla tradizione: «Si potrebbe dire con Giussani che soltanto un'epoca di discepoli può dare un'epoca di geni. Non è facile trovare quel sano equilibrio tra tradizione e creatività, tra tradizione e critica. Tuttavia, sembra chiaro che solo chi è prima capace di ascoltare e di comprendere si alimenta una maturità personale che lo rende poi capace di giudicare e di affrontare, fino, eventualmente, ad abbandonare ciò che lo ha alimentato». E Roberto Sani, rettore dell'Università di Macerata, ha contrapposto la prospettiva educativa indicata da Giussani «all'illusione di una presunta spontaneità evolutiva che lascia il giovane in balìa di se stesso, senza offrirgli quei riferimenti e quei fondamenti attraverso i quali solamente egli sarà in grado di scegliere, di esercitare la sua critica». Se per Naval e Sani Giussani è fortemente attuale la stessa preoccupazione educativa porta Giovanni De Luna, dell'Università di Torino, a conclusioni opposte: «C'è una crisi educativa che ha drasticamente ridimensionato il ruolo dell'istituzione scolastica nella trasmissione del sapere e che nasce direttamente dalle trasformazioni culturali del nostro presente. Impegnato a combattere il laicismo don Giussani non aveva visto che all'orizzonte si affacciavano altri e più pericolosi "rischi educativi"».
Il sociologo Luciano Gallino ha rilanciato (non senza evidenziarne limiti e necessità di miglioramento) la proposta di riforma dell'educazione avanzata da Edgar Morin: la "transdisciplinarità": «La separazione delle discipline su cui si fondano metodicamente le odierne strutture educative, dalle elementari alle università, è particolarmente nociva nel caso della fissura che divide le scienze naturali da quelle umane e sociali. Il rimescolamento dei confini tra le discipline – ha aggiunto Gallino – è sicuramente fondamentale nell'era planetaria per superare le ristrettezze degli specialismi».
Sul percorso pedagogico dello scozzese MacIntyre il convegno ha proposto due distinte voci. Quella critica del filosofo Enrico Berti: «Già in "Dopo la virtù" MacIntyre dava l'impressione più di voler criticare la concezione moderna dell'etica che di proporre una concezione alternativa ad essa. L'alternativa "Nietzsche o Aristotele" dichiarata nel suo libro non voleva essere la proposta di una scelta per il futuro, ma la dimostrazione storica che il rifiuto di Aristotele comporta la fine di qualsiasi possibile etica». Ma per la pedagogista Carla Xodo «il ragionamento di MacIntyre ha segnato una svolta nel dibattito etico contemporaneo. La ventata di valorizzazione del meglio della tradizione etica occidentale ha avuto l'effetto di contenere un'inesorabile deriva: il tramonto dell'epoca educativa».