Forchette parlanti e sedie per visite brevissime, libri illeggibili e macchine inutili: benvenuti nel mondo di Bruno Munari, dove il paradosso è regola. Inaugurata lo stesso giorno, in cui il vivace artista avrebbe compiuto cento anni, la grande antologica milanese è un cortocircuito, che riattiva occhio e mente. Duecento oggetti, appartenenti alle categorie più diverse, ci raccontano un mondo, che ha il sapore della libertà. Organizzata secondo criteri tematici e non cronologici - come spiegano i curatori - la mostra insegue un'arte, che si declina in mille rivoli all'interno di un percorso ricco e articolato. Mai dogmatico, mai servo del mercato, mai facilmente classificabile…, il lavoro di Munari sfugge alle facili definizioni e si rifugia in quella terra di nessuno, abitata dalle menti più geniali. "Né pittore, né designer, né pedagogo, ma tutte queste cose insieme" - come disse Gillo Dorfles - Munari ha attraversato più discipline, con quella grazia e quella ironia, di cui solo i più grandi sono capaci. Una figura talmente poliedrica che ha rischiato - come scrisse Marco Meneguzzo - "di essere prima frantumata e poi ricomposta, come in un puzzle dove si percepisce la quantità e la varietà dei pezzi, ma dove l'immagine integra, iniziale, resta in secondo piano". Ecco perché a lungo si è indugiato a utilizzare il termine "artista" per definire il profilo di un uomo nomade e apolide. Eppure inseguendo il filo, che lega tutte le sue creazioni, si individua un metodo unitario, e un modus operandi proprio dei più arditi inventori. Lo possiamo capire davanti alle sue incursioni nella pittura. Dalle esperienze futuriste a quelle di Arte Concreta fino agli oli su tela (olio di papavero su tela di cotone, olio di mandorle su tela di canapa…) : opere provocatorie, che rispondono con garbo al consiglio di un saggio gallerista, che lo invitava a dipingere oli, per vendere di più. La stessa "metodologica autoironia" attraversa le sue sculture: dalle sue Macchine inutili così vicine ai Mobiles di Calder alle sue sculture da viaggio "oggetti a funzione estetica", pensate per rallegrare il soggiorno di un moderno viaggiatore. Ma i suoi linguaggi sono molteplici e conoscono l'alfabeto della grafica - in mostra i suoi più celebri lavori come il manifesto per la Campari, il logo della Regione Lombardia per cui seguì il coordinamento, o i progetti editoriali realizzati per Einaudi - e la cura dell'infanzia. Convinto, infatti, che "un bambino creativo è un bambino felice", Munari ha svolto un ruolo centrale nell'educazione dei più piccoli. Ispirato a un principio maieutico, l'artista ha invitato adulti e bambini a guardare l'universo con interesse e curiosità. Insieme ai numerosi libri editati dalla raffinata casa editrice Corraini nascono, infatti, i primi laboratori nella Pinacoteca di Brera, dove si sperimenta un metodo innovativo, per avvicinare i più piccoli all'arte. Un metodo, che ancora oggi vive nel suo impegno etico, prima ancora che didattico, e che nella sua grande attualità rende omaggio al suo inventore, instancabile timoniere, pronto traghettare tutti in un mondo migliore.
"Bruno Munari" Rotonda di Via Besana - Milano
A cura di Beppe Finessi e Marco Meneguzzo
Fino al 10 febbraio