Dai giornali di questi giorni: «Guardi, io sono di quelli che non usano più il topino di laboratorio. Ma non facciamola troppo grossa. Questi sono tre cavallacci destinati alla macellazione: sarebbero già morti da mesi». A parlare è lo scienziato Cesare Galli del l'università di Bologna. Conduce una sperimentazione in cui i tendini dei cavalli vengono tagliati e riparati con cellule staminali. Tutti sappiamo che le sperimentazioni sono patite dagli animali in vece nostra, ma quel termine, "cavallacci", mi sgomenta. Segnala un disprezzo ingiustificato e primitivo. Come se fosse più lecito infierire su un cavallaccio che su un purosangue. E ancora, un anonimo redattore, questa volta a proposito di topi cavia: «Per gli animaletti che hanno subito un'operazione è previsto un trattamento post-operatorio per evitare loro le piaghe da decubito e persino una terapia contro il dolore». Qui a colpirmi è quel "persino". Come se si trattasse di un lusso da albergo cinque stelle, e non del sacrosanto diritto di una povera creatura utilizzata suo malgrado a vantaggio degli animali-umani. Eppure, il dolore provato dagli animali non dovrebbe lasciare insensibili i nostri animi e nei secoli ha colpito, per l'insensatezza con cui viene perpetrato, gente comune, scienziati, filosofi. Il bellissimo film Ratatouille, con l'aria di raccontare le gesta cuciniere del topo Remy, racconta anche l'esistenza angosciante dei ratti, che tutti vogliamo continuamente ammazzare nei modi più spietati. In quale modo orribile agisca il veleno per topi lo sanno purtroppo molti proprietari di animali domestici, e lo racconta Margherita D'Amico in un libro ben scritto, ben raccontato e molto importante per la scelta tematica: La pelle del l'orso, Noi e gli altri animali (Mondadori, pagg. 130, € 14,00). Non si racconta solo di topi, ma anche di orsi, cani, tonni con un approccio non patetico ma lucido. Dal reportage della D'Amico, all'importante testo filosofico di Martha Nussbaum, che si occupa di teorizzare il diritto di ogni essere vivente a una giustizia di base, in uno stato liberale: il saggio s'intitola Le nuove frontiere della giustizia (il Mulino, pagg. 450, € 28,00). Anche Rosa Luxemburg, in Un po' di compassione (Adelphi, pagg. 66, € 5,50) affronta in una lettera vibrante di sdegno e compassione il dolore di un bufalo picchiato a sangue, che non è un dolore di specie, bensì universale. Tutta questa ingiustizia e sofferenza si può raccontare con toni diversi, compreso quello ironico. Come nella battuta del regista Abbas Kiarostami («Per quanto ci pensi, non capisco la ragione di un simile attaccamento del cane al l'uomo») riportata nella quarta di copertina di Ciak, si abbaia di Giuseppe Colangelo (Book time, pagg. 128, € 16,00). Il libro è un repertorio di curiosità sui cani protagonisti dei film degli ultimi cent'anni. E non vi si trova solo la storia del mitico Rin Tin Tin, ma anche quella della stupida morte di una povera vacca che pativa le luci bollenti del set, avvenuta durante le riprese di Gli amanti del chiaro di luna, nel '57. Da quel giorno la protagonista del film, Brigitte Bardot, si convertì alla «Religione degli animali».