Alla storia si guarda spesso come a una scienza triste, capace di fornirci solo uggiose informazioni su guerre, paci e battaglie e priva di ogni autentico legame con le biografie di tutti i giorni, quelle dei semplici mortali, e non di re, regine e generali. Una meditata e seducente smentita a questa idea viene da I luoghi della vita. Castelli, monasteri, villaggi, città d'Europa di Aurelio Musi (Guida, pagg. 160 € 60,00), un libro che già nel titolo dichiara la sua volontà di avvicinare il lettore alla vita attraverso la storia, ricorrendo a un racconto dei luoghi, degli spazi che nel tempo hanno accolto le esistenze quotidiane, sono stati il teatro sul quale si sono giocati i drammi e le commedie di un'umanità che i secoli hanno fatto scomparire, ma che di sé ancora ci parla dalle pietre dei palazzi che fiancheggiamo, dalle strade di città che attraversiamo frettolosamente. Dai castelli, luoghi chiusi della paura, alle città, luoghi aperti di uomini che si vogliono sempre più liberi, la storia europea narra, dunque, (con l'aiuto di belle immagini) di un mutare del rapporto con l'ambiente materiale che è, insieme, mutamento degli universi mentali, delle attese e dei progetti di vita.
Chi, tuttavia, resta convinto che anche in una narrazione storica di impianto "tradizionale" possano trovarsi accecanti bagliori di vita vissuta, può leggere le pagine avvincenti di Il Duca d'Alba di Henry Kamen (Utet, pagg. 242, € 21,00) dedicate a questo personaggio inquietante, inflessibile esecutore della politica della Spagna imperiale nei Paesi Bassi in rivolta nell'ultimo quarto del Cinquecento. Pagine in cui sembra di avvertire le note verdiane del Don Carlos, il senso tragico della grande storia quando rovescia il suo carico di oppressiva necessità sulla libertà dei singoli esseri umani. Non, dunque, la storia dal buco della serratura, ma quella alta e terribile dei tempi, direbbe Brecht, nei quali non si poteva essere buoni.