Dalla storia della mafia alla storia della civiltà culinaria il passo sembra lungo, come quello che porta dagli inferi del crimine ai sublimi piaceri del palato. Eppure uno studioso inglese questo passo lo ha compiuto, senza apparente sforzo. Già autore l'anno scorso di una pregevole sintesi su "Cosa nostra", John Dickie – italianista del londinese University College – si cimenta ora, per lo stesso editore, in un originale e divertente saggio sul rapporto fra cibo e identità nazionale nel corso del tempo Con gusto. Storia degli italiani a tavola, (Laterza, € 16,00). Dickie contesta alcuni luoghi comuni, come l'origine contadina della tradizione gastronomica nostrana, attribuita invece al fasto secolare di corti e città; sostiene che il celeberrimo Artusi ha contribuito a "fare gli italiani" molto più dei Savoia o di Mussolini; e celebra le odierne virtù dello "slow food", magico baluardo contro la meschinità dei «quattro salti in padella».
Il tema dell'identità rimane al centro dell'affettuoso colloquio fra Tullia Zevi, classe 1919, e la giovane nipote Nathania Ti racconto la mia storia. Dialogo tra nonna e nipote sul l'ebraismo, (Rizzoli, € 16,50). Ma qui si tratta del l'identità ebraica, rafforzata da una vita avventurosa, fra l'obbrobrio delle leggi del '38 (che la portarono in America durante la guerra), la militanza antifascista all'«ombra» di Salvemini e accanto al marito Bruno Zevi, la lunga attività giornalistica (che le consentì di assistere al processo Eichmann) e l'impegno al vertice dell'Unione delle Comunità israelitiche (nel 1987 siglò la storica intesa con lo Stato, rappresentato da Craxi). Tullia ha attraversato ogni dramma del Novecento e si sente a buon diritto come un'«odalisca stanca», ma in questo pacato dialogo con la nipote persevera nel suo esemplare messaggio di tolleranza: altro che i "demoni" di Oriana Fallaci, non a caso mai menzionata!
Montiamo ora un teleobiettivo per mettere a fuoco l'isola di Capri durante il secondo conflitto mondiale. Ci fa da guida una cronista esperta come Marcella Leone de Andreis Capri 1943. C'era una volta la guerra, (La Conchiglia, € 35,00). Gli spasmi della fine del fascismo, il rombo delle fortezze volanti dirette a Napoli, lo sbarco degli americani a Sorrento, le beghe politiche locali fanno da sfondo a un vitalissimo microcosmo, denso di gente comune e famosa, da Edda Ciano al marchese Pucci, da Moravia a Croce, da Malaparte a Giorgio Napolitano. Ne riemerge felicemente l'eterna malia dell'isola di Tiberio, con le sue mille vicende, fra mito e realtà.
Nel cielo di Capri, rischiò di lasciare le penne, in un'impresa aviatoria, anche Italo Balbo, protagonista del recente romanzo di Valerio Aiolli Ali di sabbia, (Alet, € 12,00). La trama non è semplice, giocata com'è su un doppio registro temporale (la Libia del 1915 e quella del 1940) e su due personaggi principali: l'ex-quadrumviro e il suo secondo, Settimio, frutto di fantasia. Ma gli appassionati di storia e di aviazione si immergeranno con gusto nel clima retorico e nel linguaggio del l'epoca, fino a rendersi partecipi degli ultimi pensieri di Balbo, mentre precipita con Settimio sulle dune di Tobruk: «ma ci hanno proprio beccato bene questi fessi».