Dura la vita dei santi. Nei dipinti raffiguranti
Le tentazioni di S. Antonio
di Bosch e di altri fiamminghi, il santo è circondato da creature demoniache deformi e spaventose. Nel saggio Il demoniaco nell'arte Enrico Castelli (Bollati Boringhieri, pagg. 330, À 30,00) spiega la genealogia di codeste figure artistiche. La natura diabolica è caratterizzata da una orrida metamorfosi che non ha requie, poiché si incarna perennemente ora in una forma ora in un'altra, riuscendo così ingannevole agli occhi degli stolti: per questo i mostri di Bosch hanno più facce distribuite in varie parti del corpo. Per dare una rappresentazione artistica perfetta della santità al suo culmine, è necessario che il diabolico venga usato come un mezzo di contrasto. S. Antonio eremita parrà tanto più santo, tanto più la sua figura darà l'impressione di restare immune dal contagio della deformità immonda che lo circonda.
Di deformità pare intendersi non poco il nostro Niccolò Tommaseo. Nel libercolo
De Bello (Sellerio, pagg. 76, À 7,00) troviamo un curioso florilegio relativo al campo semantico del bello e del brutto, estratto dal suo Dizionario dei sinonimi
(1867).L'autore ciinvita,con una punta di ironia, a formulare riflessioni estetiche su forme linguistiche ormai più che desuete. Si prenda, a esempio, la variazione caricaturale sul tema del naso: «nasetto, nasino, nasicchio, nasuccio, nasettino, nasettaccio, nasucciaccio, nasone, nasaccio ». E si legga il lemma sulla sottile differenza semantica fra le voci imbruttire e rimbruttire: «Il secondo indica la disgrazia compiuta. Si dirà: quella donna imbruttisce di giorno in giorno (...). E si dirà: com'è rimbruttita a un tratto!».
Alla stessa categoria del brutto vanno ascritte, secondo George Didi-Huberman,
le immagini votive: gambe, occhi, organi interni raffigurati in cera, legno o argento. Tuttavia, nel saggio Ex voto (Cortina, pagg. 110, À 19,50) egli rende dignità filosofica a un genere che la storia dell'arte ha sempre tenuto in dispregio. Non si tratta di rappresentazioni primitive, bensì di «oggetti costituiti psichicamente». Il soggetto vi rappresenta il suo desiderio di guarigione, raffigurando la parte corporale di sé che soffre. La raffigurazione di parti anatomiche assume il valore di un ritratto, la cui somiglianza va intesa in senso non tradizionale. È la cera, materiale organico per eccellenza, a rappresentare questa somiglianza, trasformandosi nella carne umana bisognosa di guarigione.
Anche la rappresentazione artistica del dolore è un modo per aggirarlo. «Quando dipingo la malattia, io avverto una benefica liberazione ». Così scrive Edvard Munch nei suoi Frammenti sull'arte, (Abscondita, pagg. 140, À 19,00) un volume denso di annotazioni estetiche fondamentali sulla pittura. Fra le riflessioni sui limiti dell'impressionismo o sulla distorsione figurale nella visione pittorica moderna, troviamo espresse le inquietudini di un artista controverso, che identifica l'arte con la sua malattia e che si è sempre visto attorniato da figure demoniache: «Gli angeli del terrore mi sono rimasti sempre accanto dal giorno della nascita». Un santo artista della modernità.