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Storie dalla storia / 28 dicembre 1947, muore un re «troppo prudente»

di Marco Innocenti

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Marco Innocenti, inviato del «Sole 24 Ore» e autore di numerosi libri sugli eventi mondiali sul costume del nostro Paese, racconta i grandi fatti del passato e come l'Italia li visse


Vittorio Emanuele III (Foto / LaPresse)I Savoia non sono mai stati ridotti a puro simbolo, anche se, come amava dire Vittorio Emanuele III, «la monarchia è come la milza, ci si accorge della sua esistenza quando le cose vanno male». E, come diceva Benito Mussolini, «la corona non è in gioco finché non voglia mettersi in gioco».

L'antipatia per la felicità

L'Italia degli anni Venti-Quaranta specchia la propria immagine nelle vita di Vittorio Emanuele III, l'uomo chiave, con Mussolini, di vent'anni di storia del nostro Paese. Temperamento prudente, intelligenza calcolatrice, nell'occhio tondo un'espressione di fissità difensiva, il re è un uomo che ha un'antipatia istintiva per la felicità. Freddo, rigido, fiscale, notarile, diventa "fascista" per timore del peggio, ed è testimone muto e impotente della politica di Mussolini, un arbitro che preferisce non dover fischiare.

Anni tragici

Sono anni dirompenti, che cambiano vite, uomini, mondo, istituzioni. L'Italia muta faccia e colore, la monarchia diventa un fantasma. Poi il colpo di coda: il 25 luglio 1943, a guerra persa, l'arresto di Mussolini "alla sudamericana"; l'8 settembre, l'autogol, il crollo del prestigio, l'esercito allo sbando, i Savoia in fuga. Tardivamente, nel '46, la parola passa al figlio Umberto, l'ultimo sovrano, il "re di maggio" che paga colpe non sue e viene battuto nel referendum. Per tutti si apre la strada dell'esilio. Vittorio Emanuele muore ad Alessandria d'Egitto il 28 dicembre 1947. Era stato re d'Italia per 46 anni, imperatore d'Etiopia dal '36 al '43, re d'Albania dal '39 al '43. Se ne va mestamente con il titolo di "conte di Pollenzo" e un bilancio umano e politico profondamente in rosso.

Sovrano suo malgrado

La realtà è che Vittorio Emanuele non aveva né l'indole né il carattere per regnare ma la tragica morte del padre Umberto I per mano di Gaetano Bresci lo proiettò nel 1900, a 31 anni, sul trono di una fragile monarchia, bisognosa di un capo carismatico, capace e deciso: caratteristiche che il re non possedeva. Restò sul trono per 46 anni, costellati di lutti e di tragedie, uomo e sovrano controverso, con debole capacità di comando. Abile calcolatore, ma mai punto di riferimento per gli italiani.

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