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Canova, scultore della bellezza, amato dagli zardi Stefano Biolchini |
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22 febbraio 2008
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Se c'è un nome in grado di evocare bellezza e perfezione è quello di Elena. Se c'è un artista che alla bellezza ideale ha dedicato tutte le sue forze, fino ad incarnarne anche evocativamente tutta la poesia, questi è Antonio Canova. Potere evocativo della parola (e del marmo) che con la testa raffigurante Elena di Troia - busto a cui lo stesso lord Byron dedicò i suoi versi - al Palazzo Reale di Milano fa irrompere il mito - canoviano e non solo- della bellezza, con tutta la sua forza delicata. E lo fa a conclusione delle celebrazioni per i 250 anni dalla nascita dell'artista neoclassico e soprattutto grazie alle collezioni appartenute alla famiglia imperiale russa e oggi conservate all'Ermitage. Titolo della eccezionale trasferta artistica è Canova alla corte degli zar. Capolavori dall'Ermitage di San Pietroburgo, prodotta dal comune di Milano e da 24oreMotta Cultura. Curatori Fernando Mazzocca e Sergej Androsov. Sono trentaquattro le sculture arrivate a Milano da Pietroburgo, sette delle quali del genio di Possagno. Tra esse, la celeberrima Le Tre Grazie, capolavoro assoluto di Canova. Collocata al centro di una delle sale (recentemente restaurata) del palazzo, l'opera realizzata per Josephine de Beauharnais, la bella imperatrice, moglie di Napoleone, venne realizzata nel 1813. Un unico blocco di marmo, alto 1,82 metri, ancora in grado di stupire. Girarci intorno, partecipare al loro abbraccio leggero e danzante, è inutile dire, da quasi due secoli è emozione ancora intatta. Bellezze muliebri dalle forme addolcite e dai gesti misurati e insieme potenti. Venature del marmo e panneggi mollissimi. Ghirlande e capelli dai ricci leziosi, annodati in intrecci finissimi. Il tutto per evocare, quasi diffondere - come profumo d'intorno - una sensualità contenuta e insieme prorompente. Il gruppo che si rifà al corrispondente mito greco e che rivisita gran parte degli ideali neoplatonici cari al nostro Rinascimento, non entrò mai in possesso della committente, che scomparve improvvisamente nel 1814. Lo ebbe il figlio Eugène de Beauharnais, ex vicerè d'Italia, e da questi pervenne al di lui erede, il duca del Leuchtenberg, che a seguito delle nozze con la figlia dello zar Nicola I, Marijia Nikolaevna Romanov, trasferì le collezioni della nonna imperatrice nella propria residenza russa. Nel 1901 la collezione venne acquisita dall'Ermitage, ed accostata alle altre opere dello stesso Canova già acquisite dallo zar Alessandro I. Dalle stesse collezioni de Beauharnais provengono anche La Danzatrice e la Testa di Paride, accostata in mostra alla Testa ideale di Elena. Altro prestito eccezionale è l'Amorino alato, E' questa una mostra il cui allestimento sobrio sta tutto nel contorno del palazzo e delle sue sale, belle anche quando mutilate o reinventate con criteri più che discutibili, e comunque mai private del fascino (evocativo) di un fasto che fu. Contorno ideale per queste opere nate per i palazzi dei potenti d'Europa e custodite nella più sfarzosa fra le regge. Statue che come indica il curatore Fernando Mazzocca sono interpreti massime del "primato della scultura individuata come il principale veicolo della bellezza classica e italiana nel mondo".
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