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13 febbraio 1903: nasce Georges Simenon, il padre di Maigret

di Marco Innocenti

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8 febbraio 2008
Georges Simenon © Roger-Viollet (Foto Roger-Viollet/Alinari )

Marco Innocenti, inviato del «Sole 24 Ore»
e autore di numerosi libri sugli eventi mondiali
sul costume del nostro Paese, racconta
i grandi fatti del passato e come l'Italia li visse


Non è Proust né Kafka, è uno scrittore popolare, di facile lettura, che attraversa il Novecento con il suo universo amorale dove il delitto è considerato senza stupore, frutto della natura umana. Non ottiene il Nobel, ma Gide lo chiama «il più autentico romanziere della letteratura francese d'oggi» e Mauriac definisce la sua scrittura «di una bellezza quasi intollerabile».

Ottanta pagine al giorno

Georges Simenon nasce a Liegi, in Belgio, venerdì 13 febbraio 1903 (ma la madre Henriette, superstiziosa, ne denuncia all'Ufficio civile la nascita come avvenuta il 12). Quel venerdì 13, invece, gli porterà fortuna. Il padre ne vorrebbe fare un bancario, Georges preferisce scrivere: da giornalista, poi da scrittore. Nel '22 è a Parigi, nel '29 dà vita al commissario Maigret, il cui primo romanzo esce nel '31. Uno degli scrittori più prolifici del Novecento, capace di scrivere fino a ottanta pagine al giorno e un romanzo alla settimana, con un bilancio finale di 431 romanzi e una tiratura complessiva superiore ai 500 milioni di copie, Simenon è un maestro della psicologia e della narrativa asciutta.

Una vita intensa

Due mogli, quattro figli, una compagna e innumerevoli amanti, pessimo padre (la terzogenita Marie-Jo si uccide a 25 anni nel '78), Simenon fruga con la stessa golosa curiosità nell'animo umano e sotto le gonne delle donne. Grande bevitore di whisky e noto collezionista di pipe, vive una vita statica ma intensa. Popolarità e ricchezza gli vengono soprattutto dai "noir" del commissario Maigret, 75 romanzi e 28 racconti, pubblicati dal '31 al '73. Muore a Losanna, per un tumore al cervello, il 4 settembre 1989.

Il commissario Maigret

Di Jules Maigret restano nella memoria la corpulenza sorniona, i meditati silenzi, la pipa capiente e ben carica, il cappotto pesante con il collo di velluto. Il suo mondo sono i selciati parigini striati di pioggia, l'ufficio al Quai des Orfèvres con la stufa in ghisa, il rumore del traffico a Pigalle, le pensioni equivoche, gli occhi dilatati dai calvados, il clima di disperazione. Arnoldo Foà e Gino Cervi in La chiusa (episodio della serie: "Le inchieste del Commissario Maigret") - © RAI - su licenza Fratelli Alinari Maigret entra nella psicologia dei personaggi, si immedesima nell'ambiente, fiuta l'assassino in un miscuglio di istinto e lucidità, poi lo agguanta senza infierire perché è umano e i suoi connotati sono quelli della gente comune (da cui il suo successo mondiale, caratterizzato, in Italia, dalla superba interpretazione televisiva di Gino Cervi). Le sue inchieste sono la paziente ricostruzione della verità umana. Il male non ha mai un carattere di eccezionalità, resta sempre nell'ambito della quotidianità: quella di Simenon e di Maigret, di un'umanità ovattata e quieta anche nel delitto.

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