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18 marzo 1937, Mussolini in Libia

di Marco Innocenti

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14 marzo 2008
( foto Museo di Storia della Fotografia Fratelli Alinari, Firenze)

Negli anni Trenta l'Italia fascista vive la stagione del consenso. Mussolini dà agli italiani la coscienza, forse l'illusione, di appartenere a una grande nazione e pesca a piene mani nei loro sentimenti. Nel 1936 ha offerto a se stesso e al popolo un "posto al sole", per poi cavalcarlo.

La missione in Libia
Il 18 marzo 1937 il duce sbarca a Tobruk dall'incrociatore Pola e inaugura la via Balbia, che attraversa tutta la costa libica. La visita dura fino al 21 e vede Mussolini percorrere la "sua" terra con l'aereo e l'auto, infaticabile anche se visibilmente appesantito.

Alle porte di Tripoli, il giorno 20, il momento più solenne. Nell'oasi di Bugara il duce appare a cavallo dalla sommità di una duna, è accolto dal triplice grido di guerra dei combattenti musulmani, si erge sulle staffe del suo cavallo bianco, alza al cielo la spada con l'elsa in oro massiccio che il capo del contingente berbero gli ha appena consegnato e si proclama "protettore dell'Islam". Intorno echeggiano le salve di cannone; dietro di lui è schierata una colonna di 2.600 cavalieri, con i quali entrerà a Tripoli. Il colpo d'occhio è suggestivo e pochi s'interrogano sul fatto che un cristiano "infedele" possa proclamarsi "protettore dell'Islam". Miracoli della demagogia...

Più tardi, da un podio situato in Piazza Castello, nel cuore di Tripoli, Mussolini alza nuovamente la spada verso il cielo e, dopo avere promesso di «tenerla con sé fra i ricordi più cari come simbolo di forza e di giustizia», dichiara solennemente che l'Italia fascista intende assicurare alle popolazioni musulmane della Libia e dell'Etiopia «pace, giustizia, benessere e rispetto delle leggi del profeta». La stampa italiana dell'epoca plaude entusiasta all'evento, ma il Vaticano definisce la spada levata al cielo «una pagliacciata» e Leo Longanesi estrae dal bagaglio delle sue battute una stoccata fulminante: «Sbagliando s'impera».

Fascismo e Islam
Dietro alle cerimonie sfarzose e coreograficamente suggestive c'è naturalmente una politica. Insoddisfatti del trattato di Versailles, fascismo e mondo arabo hanno due nemici in comune: Francia e Gran Bretagna. Mussolini si pone quindi come paladino di giustizia contro le "demo-plutocrazie". Ma sia in Libia sia in Etiopia il laboratorio di sperimentazione non è felice: anche perché non può essere facile tenere assieme il "posto al sole", cioè l'impero coloniale, con la tutela del mondo arabo e dell'Islam. I risultati della "missione civilizzatrice" del fascismo e della sua politica filo-araba alla fine si riveleranno modesti e a El Alamein, nel novembre del '42, la sconfitta militare italo-tedesca segnerà la fine di un'avventura.

E la spada scintillante al sole del deserto dove ha finito la sua avventura? La risposta la darà anni dopo quel trionfante '37 Rachele Mussolini, in un'intervista: «La spada che era conservata in una teca di vetro alla Rocca della Caminate fu rubata, quando nel '43 la Rocca venne devastata dagli antifascisti... Ci portarono via tutto, perfino la culla di Romano». Sic transit gloria mundi.

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